giovedì 9 settembre 2010

FACEBOOK: UNA COMUNITÀ FANTASMA

Rimbombano assordanti echi di silenzio nel vuoto urlo di messaggi sorretti da un solo squarcio di anime vagabonde e depresse. Questa è Facebook: una comunità fantasma, costituita da spiriti vibranti in cerca d'identità, di visibilità e di sostegno. Fantasmi di una società fredda e isolante, che si riuniscono nei notturni giorni segnati da ombre intramontabili... Comunicano il niente che li avvolge e che li strega, affascinati da cuori rubati, messaggi cifrati, mode superate e profili da star, nell'attesa struggente di diventare stelle opache del firmamento terrestre.

venerdì 3 settembre 2010

S.O.S. SCUOLA

Vicino ad una scuola secondaria di primo grado della provincia di Pisa, dieci anni dopo l'inizio del XXI secolo:

<< Mamma, stamani non voglio andare a scuola! >>
<< Come sarebbe “non voglio andare a scuola!” ? Alla tua età si ha il diritto e il dovere di andare a scuola; non a caso la tua è la scuola dell'obbligo, almeno qua in Italia. >>
<< Sì, lo conosco il discorso dell'obbligo, ma come si fa a parlare di diritto e dovere in una scuola come la mia? Io, da studente con meno di quindici anni, dovrei sentirmi onorato ad avere il diritto di studiare, ad avere la possibilità di imparare tante cose stando insieme ai miei amici, quindi dovrei rispettare l'obbligo di frequenza. Ma nella mia scuola, mamma, non esistono né diritti né doveri, perchè nessuno sa cosa siano! >>
<< Oh, quanto siamo polemici di mattinata! Mi sembra che tu sia troppo critico! Un ragazzino come te dovrebbe capire che il fatto di andare a scuola non può essere messo in discussione: è come il lavoro per mamma e babbo, capisci? Figuriamoci se noi tuoi genitori ci lamentiamo per come vanno i nostri lavori, soprattutto in un periodo di crisi nera come questo! Ci mancherebbe anche che io o babbo, di fronte ad una moltitudine di disoccupati, precari e lavoratori a tempo determinato, andassimo dai nostri rispettivi dirigenti a protestare perchè in ufficio o nella ditta mancano il rispetto, l'attitudine al lavoro, la professionalità, la collaborazione, la trasparenza del contratto e la regolarità dei pagamenti...! >>
<< Ma mamma, ti rendi conto di quello che dici!? Se davvero le faccende dei vostri lavori vanno così come le hai raccontate tu, dovresti essere come minimo arrabbiata quanto lo sono io! E voi non denunciate le scorrettezze sul lavoro, sia pubblico che privato, perchè guardate chi sta peggio di voi o avete paura di perdere il posto? >>
<< Marco... Da adulti è diverso che da adolescenti come te! Quando si diventa grandi, si hanno accumulate dentro di noi tante esperienze di vita, belle e brutte, e proprio perchè abbiamo passato tanti soli e tante lune, superato o provato a superare tante prove, ed imparato infine come funziona questo mondo, ci rendiamo conto che non possiamo piangere ogni volta che qualcosa ci va storto, perchè noi vorremmo camminare a diritto, mentre il resto del mondo svolta a destra... >>
<< Ma io voglio essere così anche da grande, per come penso, intendo! Cioè, se ora credo che una cosa sia sbagliata e debba essere cambiata o tolta dalla circolazione, penso e spero di crederlo anche tra vent'anni. >>
<< E' semplice a dirsi, ma poi, nel concreto di tutti i giorni è un'altra cosa! Col trascorrere degli anni, figlio mio, si diventa meno sensibili agli eventi della vita che ci capitano, come la pelle del nostro corpo diventa più secca. Se da giovani si sta un giorno intero a ridere ed il giorno dopo a piangere, e così di seguito fino alla maturità, da adulti si porta in volto spesso, se non sempre, l'espressione dell'indifferenza, lasciandoci scivolare addosso come la pioggia le sensazioni, le manifestazioni naturali, gli incontri con le persone, le piaghe sociali, i disastri mondiali ed anche i problemi di lavoro. >>
<< Allora vuol dire che in qualche modo, a voi adulti, fa piacere convivere con il disagio o, quantomeno, non lo rifiutate (a gran voce, in piazza, con bandiere e striscioni come faccio io)! >>
<< Non è esattamente una questione di “piacere” quanto, piuttosto, una mancanza di forze e di energie per combattere, unite all'idea che ben altri sono i veri problemi della vita e che gli effettivi motivi per amare la vita e gustarne la felicità sono pochi. >>
<< Hum… Certo, mamma, che messaggio di ottimismo mi hai dato! Ma a me piace esser polemico come mi hai detto tu prima, perchè credo di averne le ragioni, e non poche, per esserlo! Stai un po' a sentire, in questa mattinata che mi aiuta a respirare e a sfogarmi, quali e quanti sono i problemi della mia scuola. Che già a definirla “mia” mi provoca una spontanea reazione di fastidio, di repulsione, come sentire il dolore di tante punture di zanzara tutti insieme.


Il primo giorno di scuola è stato un caos totale!

Ed i giorni a seguire, come i gironi infernali, lo saranno sempre di più, in un crescendo estenuante ed allarmante, fino addirittura all'ultimo sacrosanto giorno, quello del “the end”, della liberazione, del non-ritorno!

Come sai, mamma, la notte prima dell'inizio della scuola media è stata agitata per me: provavo a dormire e poi di svegliavo, mi giravo e mi rigiravo nel letto senza riaddormentarmi, mi sentiva la pancia e non riuscivo a stare fermo, pensavo a chi avrei incontrato la mattina dopo, a chi sarebbero stati i miei nuovi maestri (ehm, professori!), a cosa ci avrebbero detto e fatto fare, a come sarebbe stata la nuova scuola e se io sarei stato in grado di studiare da bimbo più grande che non va più alle elementari... Quando non ho fatto più questi pensieri, quando saranno state le quattro di notte, ho acceso la lampada del comodino e, guardando lo zaino preparato con libri e quaderni, ho pensato che i personaggi disegnati sul mio zaino mi avrebbero aiutato a superare tutte le mie paure, ad iniziare la nuova scuola senza problemi.

La notte prima degli esami – come ci ricorda una rinomata canzone italiana – o, a maggior ragione, la notte prima di un viaggio in un nuovo mondo scolastico, è caratterizzata da tensioni, da agitazioni, da turbamenti, principalmente se il protagonista è un ragazzino, alle prese con tanti piccoli grandi problemi quotidiani legati al periodo di crescita dell'adolescenza. E' piuttosto naturale che un adolescente abbia certe aspettative sul proprio futuro personale, e dovrebbe essere altrettanto naturale che questi sogni venissero esauditi, tanto più nell'ambito dell'educazione pubblica.

La mattina, col mio zaino protettore a spalle, dopo che tu mi hai salutato con quel tuo bel sorriso, sono andato nella mia nuova aula, mentre quasi tutte le persone che erano nella scuola, dai bimbi agli adulti, facevano confusione: urlavano, correvano, andavano da una parte e poi dall'altra, tenevano in mano fogli che leggevano, poi posavano e dopo riprendevano, lanciavano cartelle, muovevano veloci le braccia e si mettevano le mani nei capelli (quelli che ce li avevano ancora i capelli!), parlavano a voce alta e senza che si potesse capire...
Ad un certo punto è venuta la preside, perchè tutti hanno detto: << Silenzio, ecco la preside! >> e lei ha detto: << Che confusione! Io, poi, di mattinata mi confondo sempre! Ma questa bimba (indicando un'alunna straniera) va in questa classe? >> Invece non era nella classe dove credeva la preside...
La prima campanella, che è suonata dopo un'ora di continuo vociare, mi ha fatto prendere paura, perchè il suono era acuto e non finiva mai, infatti qualcuno ha urlato a una custode: << Oh, bastaaaa!! >>. Dopo, nella mia classe, che non si era ancora ben capito quale fosse, si è presentata la professoressa di italiano e geografia, dicendoci il suo nome insieme al suo soprannome, e così ha fatto con ognuno di noi bimbi: mentre faceva l'appello, inventava un soprannome o un diminuitivo del nostro cognome da abbinarci, ma a me non piaceva l'idea e speravo che lo facesse per gioco o per farci stare tranquilli nella nuova scuola, invece lo ha fatto quasi sempre anche negli altri giorni.

<< Ah siii!? E a te, Marco, che soprannome ha dato? >>
<< Ha trovato la rima “ravanelli” dal nostro cognome e tanti dei miei nuovi compagni di classe hanno iniziato a ridere, ma a me non faceva ridere per niente. >>
<< Che sciocca! Sai cosa sono i ravanelli? >>
<< Sì che lo so, sono un tipo di verdura. >>
<< O forse codesta donna intendeva altro... >>.

Insomma, soltanto alla fine del primo giorno di scuola, che non è stato un giorno intero come quelli dopo con cinque ore, ma limitato a quattro, io ero già cotto come una pera.
Quando sono arrivato da voi a casa mi sentivo stanco, triste, annoiato e arrabbiato come se avessi fatto una maratona sotto il sole, convinto di non arrivare mai al traguardo!