martedì 16 dicembre 2014

VIAGGIO SUL BUS N. 15

La sera, in quell'inizio di autunno, stava calando, con il suo dolce profumo di erba fresca e di clima mite, quando il lampione alla fermata del bus n. 15 si accese. Alice, con l'ombrello rosso aperto per ripararsi dalla pioggia, aspettava sicura e tranquilla il mezzo pubblico per tornare a casa con il suo fratellino che, con la testa avvicinata al suo fianco, stava quasi per addormentarsi. “I'm singing in the rain, Just singing in the rain... What a glorious feeling, I'm happy again...!” Mentre la ragazzina ripeteva allegramente la canzone, il pullman giallo svoltò dall'angolo della strada e le saracinesche degli occhi di Michele si alzarono subito. I due fratelli erano pronti per affrontare l'entusiasmante viaggio dal centro verso la periferia della città! Era il primo viaggio da soli: si trattava, sì, di un tragitto breve di venti minuti, ma per loro rappresentava una lunga avventura, la prima prova di coraggio e responsabilità senza i genitori. Dalla casa gialla che si spostava sulle ruote, il mondo fuori appariva diverso da quello che conoscevano: tutto era più grande, i rami degli alti alberi sfioravano le loro mani ai finestrini, le strade erano come larghi corridoi delle dimore reali, i negozi e gli uffici si inchinavano al loro passaggio e quando curvavano intorno alle rotatorie provavano la sensazione di stare sulle giostre della fiera! Il piccolo Michele non aveva più alcun sonno perché, al riparo dalla pioggia, che dall'autobus creava uno spettacolo magico di variopinte gocce in sospeso sui vetri, la sua stanchezza era salita nella soffitta del dimenticatoio. << Si può dire, Alice, che ora qui sopra è come essere alla finestra della camera che cammina? O come essere sulla poltrona del salotto, però dentro alla televisione? >> << Eh eh! Senti che fantasia hai! Bravo, Michele! Certo che si può dire! Come dice la mamma, ogni viaggio apre le menti, aiuta a crescere, e tu sei la prova concreta. >> I due fratelli non si accorgevano, intanto, delle soste che il bus cittadino n. 15 faceva ai semafori rossi e alle fermate di quel percorso, tanto era il loro coinvolgimento, visivo ed emotivo, di spettatori. << Guarda quella statua! Si vede così bene da vicino, che sembra anche più bella e maestosa del solito! Spesso ci sono passata accanto e l'ho appena notata, perché ero di fretta e a testa bassa, invece ora, seduta con calma e con lo sguardo fermo riesco ad apprezzarla: raffigura una donna con una bilancia in mano, simbolo della giustizia. >> << Settima fermata: Via dei Tigli! >> la voce squillante dell'autista segnalò, come una sveglia, che era giunto il momento di scendere dal pullman: il viaggio, per quella sera d'inizio autunno, era terminato. << Michele, dobbiamo scendere. Siamo arrivati a casa. >> << Siamo già arrivati? No, non è giusto! Volevo continuare a girare sul pullman... >> << Ti ho fatto vedere due minuti fa la statua della giustizia. Ora dobbiamo scendere, perché è giusto così: ce lo ricordano i biglietti che abbiamo timbrato e la mamma che ci aspetta a casa. Su, ripeteremo quest'esperienza, con la stessa curiosità e lo stesso piacere, un'altra volta. >> Dispiaciuto, ma dimostrando di aver capito le parole della sorella, il piccolo Michele scese gli scalini della casa gialla sulle ruote e salutò: << Ciao, autobus, a presto! >>.

lunedì 15 dicembre 2014

VENTO D'INVERNO

Risvegli dal torpore/ dell'arso letargo estivo/ le assopite coscienze umane./ Rinnovi di energia vitale/ la veste opaca/ di quest'atomo d'universo./ Per la tua audace scia/ vibrano arcani vessilli:/ da romite impronte di lontani splendori/ riaccendono la fiamma di un dinamico presente./

venerdì 12 dicembre 2014

POESIA D'UNA POESIA

Ecco l'alba: sublime spettacolo dell'aura al risveglio! Onde di luce divina appulcrano la crosta terrestre, canti d'augelli volati dal nido salutano in coro il ritorno alla vita. Si rinnovano le promesse di un cielo terso di lapislazzuli e di battesimi alla fonte di purezza. Favoloso incanto di spiriti della natura, di melodiosi versi in rima baciata. E' una poesia l'aurora all'orizzonte splendente nelle sue tinte rosate ove si delineano netti i profili degli alberi. Ecco l'alba: squillano a festa le trombe per il trionfo di un nuovo giorno!

venerdì 28 novembre 2014

LA PANCHINA

Seduta sulla tua pietra,/ fedele resisti al tempo/ mostrando i segni delle stagioni./ Paziente nell'eterna attesa/ di figure mutevoli,/ flash d'istantanea giovinezza,/ custodisci i segreti/ di antiche memorie/ di confessioni amorose/ e di leggendarie novelle/ sgranate con assorta dedizione,/ come rosari di passione,/ nelle lunghe veglie estive./ Eri lì/ e sei ancora qui:/ fissi i miei pensieri/ all'ombra dell'olmo/ ed alla luce del lampione,/ stabili sostegni di vita,/ la tua/ la mia.

giovedì 13 novembre 2014

IL MARE (MA RE) Racconto per bambini

<< Quante sono le gocce d'acqua nel mare, mamma? >> chiese una mattina d'estate la piccola Vittoria, mentre metteva i piedini nell'acqua salata di Viticcio, all'Isola d'Elba. La mamma, che accanto a lei scrutava l'orizzonte dall'ombra di un cappello di paglia, sorrise divertita alla domanda della figlia. << Sono tante, Vittoria, tantissime, non si possono contare. >> << E perché non si possono contare? >> volle sapere la bimba. << Perché non c'è uno strumento che misura le gocce del mare. Come la pioggia viene misurata in millimetri, in base alla sua altezza, così il mare si considera nella sua profondità. Inoltre, in seguito al ciclo dell'acqua, le gocce evaporano nell'aria col caldo e ritornano in mare sotto forma di pioggia, cadendo dalle nuvole. >> lo studierai a scuola tra qualche anno. << Guarda: cinque gocce d'acqua sulla mia mano! Ora si possono contare! >> esclamò con entusiasmo Vittoria. << Eh eh! Il vento ha soffiato e l'onda che ti ha bagnato la mano sembrava sapere il numero dei tuoi anni! >> la mamma, attraverso il dialogo con Vittoria, si lasciava trasportare piacevolmente nel regno della fantasia. << Anche a me a volte dici che cado dalle nuvole: come le gocce d'acqua? >> proseguì incuriosita la bimba. << Non in quel senso. Quando ti dico così, usando questo paragone, intendo dire che sei distratta, che pensi ad altro rispetto a quello di cui ti parlo. >> Anche in quel caso la piccola Vittoria era distratta, rapita dalla bellezza del mare azzurro, affascinata dalle sue bianche onde che si muovevano in continuazione. Trasparente era quell'acqua e brillante sotto i raggi del sole estivo: una meraviglia di colori scintillava sulla riva, dove la morbida sabbia dorata accoglieva affettuosamente conchiglie e legnetti trasportati dal fondale! << Giochiamo con le formine? >> domandò una bambina a Vittoria. Vittoria, dopo qualche secondo, si voltò verso la spiaggia e riconobbe il sorriso contagioso di una bimba della sua età conosciuta il giorno prima in vacanza. << Hai voglia di giocare con le formine? >> chiese nuovamente Anna che, entusiasta, non aspettava altro che giocare in compagnia. << Sì, va bene. Vado a prendere secchiello e paletta. >> All'ombrellone, la mamma consegnò a Vittoria lo zainetto con i giochi, così le due bambine iniziarono a divertirsi con acqua e sabbia, dando forma a stelle marine, paperelle e torri. << Con tutte queste torri, possiamo creare un bel castello! >> esclamò Anna contenta. << Sì, sì! Io comincio da qua, col ponte levatoio. >> rispose Vittoria soddisfatta. << Allora ti porto un po' d'acqua per fare il fiume. >> Tra le due bimbe stava nascendo un'amicizia, basata sulla naturalezza e sulla collaborazione. Dopo aver fatto merenda, aver giocato con progetti e costruzioni, e dopo essersi spalmate più volte la crema solare, Anna e Vittoria ammirarono il castello circondato dalle alte torri e dal fiume Elba, con porte, finestre, ponti, passaggi segreti e bandierine al vento, come issano i muratori sulle cime delle case quando hanno completato i tetti. La mamma di Vittoria si complimentò con le bambine, perché avevano creato una grande fortezza ricca di particolari, da farle ricordare i castelli in pietra del Medioevo. Ripensava a film e romanzi storici ambientati in quel periodo e vedeva danzare nella sua mente nobili e cortigiani, signori e contadini, dame e cavalieri, quando una domanda le giunse spontanea: << Bimbe, ma chi è il re di questo castello? >> Vittoria e Anna, con divertita complicità, si guardarono negli occhi e, spinte da un'equilibrata dose di fantasia, dissero: << Ma il re è il Mare! Non senti che nella sua parola c'è la risposta? >> << Avete proprio ragione, bimbe! Il mare, di notte, si ritira e va a dormire nel suo castello di sabbia sulla spiaggia. >> A conferma di ciò, il re del castello invitò mamma e bambine a tuffarsi nelle sue fresche acque, pronto a regalare altre coinvolgenti avventure.

lunedì 6 ottobre 2014

AUTUNNO

Cadono lente/ le foglie al vento:/ dalla certezza del ramo/ al salto nel vuoto,/ la distanza è quella/ tra la vita/ e la morte./ Seconda vita/ di ricambio stagionale,/ calde carezze cromatiche/ di rinnovati piaceri/ accompagnano un quadro/ dalle dense pennellate./ Tappeto di anime,/ di memorie nei boschi,/ riveste con nostalgica eleganza/ strade di cenere/ in sentieri bucolici.

lunedì 29 settembre 2014

LA MIA ISOLA L'Isola d'Elba

Cavalco le onde,/ in un viaggio del mare,/ per giungere a te,/ isola mia!/ La brezza salmastra,/ fresca e pura,/ solleva il mio spirito/ in una danza di gioia./ Volo leggiadra/ come gabbiano dalle ali aperte/ sui tuoi dolci profili/ sedotta dalla tua eterna bellezza./ Radiosi son i tuoi fiori,/ pronti ad accogliermi/ in un abbraccio fraterno/ ed ameni i tuoi rigogliosi colli,/ che mi proteggono/ anche nelle notti senza luna./ Fragranze marine/ di trasparenze acquatiche/ e di sabbie dorate bagnate/ si fondono/ con i profumi intensi delle rocce/ e con la vastità corallina dei fondali./ Fantasie cromatiche/ di pietre preziose,/ vicoli di case inerpicate/ e sentieri protesi verso le tue coste/ convivono armonici/ nel tuo paesaggio,/ Isola d'Elba,/ in un concerto di cale violine.

giovedì 18 settembre 2014

TEMPORALE ESTIVO

Tempo-tempo/ rale-rale estivo/ Lampi lampi/ squarciano/ con zig-zag di luci/ il cielo cupo d'agosto/ Raffiche di vento/ o corazzate cascate d'acqua/ sostengono/ tiranniche nubi minacciose/ pronte alla guerra/ Sfilano/ in silenziosa processione notturna/ sepolcrali apparizioni sinistre/ Mentre/ tamburi di tuoni/ invocano ferocemente/ un esercito di pioggia/ Scomparso/ l'ultimo raggio di sole/ si scatena/ un temporale/ un diluvio naturale/

venerdì 12 settembre 2014

IL GIGANTE BUONO Racconto per bambini

“Avvolto in una coperta di lana colorata, un gigante solitario si aggirava tra le colline ombrose di un antico paese...”. Era questo l'inizio di una leggenda che da secoli serpeggiava tra gli abitanti di un villaggio del sud del mondo. La storia fantastica veniva raccontata dalle nonne alle mamme e da queste ai figli, per poi continuare in un cerchio senza fine. Il calare della sera era il momento ideale per ascoltare novelle, immaginare universi magici, volare col pensiero e farsi cullare al caldo del focolare. Tra la veglia e il sonno i bambini diventavano protagonisti di avventure avvincenti, esploravano terre sconfinate, ricercavano tesori perduti e, come veri eroi, salivano sulla sella di cavalli alati per sfidare mostri e streghe. La gioia dirompente prodotta da questi meravigliosi viaggi durava, purtroppo, soltanto poche ore, perché al risveglio tutto tornava come prima: il villaggio era sempre povero, l'acqua mancava, il terreno era arido e l'infanzia di questi bimbi veniva tristemente spezzata da una realtà che li voleva già grandi. La giornata, così, ricominciava per loro con la cura dei fratelli minori, con il pascolo di pochi animali, con la tessitura manuale di tappeti e con la celebrazione di rituali collettivi; tempo e possibilità per il gioco e lo studio erano quasi inesistenti. “Avvolto in una coperta di lana colorata, un gigante solitario si aggirava tra le colline ombrose di un antico paese...” si ripeteva come un ritornello o come un enigma da risolvere nelle attente menti dei bambini, che avvertivano un'istintiva simpatia verso quel personaggio, tanto da ribattezzare la leggenda come “quella del gigante buono”. “Era solo e senza amici, il gigante buono, perché i suoi sciocchi coetanei lo deridevano per la sua mole, quindi lui usciva dal suo rifugio sui monti di sera, quando gli altri erano nelle capanne. Il gigante aveva imparato ad apprezzare il silenzio e l'accoglienza di una natura ospitale, che ogni volta lo stupiva: con i movimenti delle sue piante, come ventagli al vento, con le pareti delle montagne rocciose, come profili di austeri indiani, con i fiori profumati e i frutti maturi, quali gemme più preziose dell'oro, con gli uccelli liberi nell'aria, come pensieri leggeri. Con grandi occhi verdi il gigante buono, il Big Jim dei bimbi, ammirava il paesaggio intorno, sorridendo come un cucciolo e nutrendosi di bacche e funghi del posto. Per ripararsi dal freddo e per nascondere il suo aspetto colossale, Big Jim si copriva con un'inseparabile coperta di lana colorata, lavorata ai ferri con tanto amore da mamma Orsa. Proprio questa coperta era dotata di poteri magici perché, a seconda del colore prevalente della lana che spiccava sulla testa del gigante, si trasformava la luce del cielo: il giallo si depositava sui raggi del sole, il verde si mescolava ai pigmenti delle foglie e dei prati, il rosso regalava un'atmosfera romantica, il blu era il mantello della notte profonda ed il bianco quello dell'alba di un nuovo giorno.” La coperta del gigante buono era talmente fatata che anche i bambini che ricordavano la sua storia ne ricevevano prodigi. Quando infatti stavano per addormentarsi, si coprivano anche loro con coperte che, in base ai colori scelti, li proiettavano in posti straordinari, dove terre del nord abbondavano di fiumi, flora e fauna, dove c'era l'imbarazzo dei giochi con i quali divertirsi e dove piramidi di libri aspettavano di essere lette. Il passato, in queste isole baciate dalla fortuna, non era stato inventato, quindi nessuno conosceva le guerre, mentre tutti vivevano nel presente, con progetti di speranza per il futuro. Big Jim era così buono che permetteva ai bimbi di sognare ad occhi aperti, poiché al loro risveglio egli stesso si mostrava nella sua grandezza, mutando con facilità il colore del cielo. Come per ciascuna leggenda che si rispetti, soltanto coloro che avevano molta fantasia ed immaginazione potevano sorridere alla vita, osservandola da un'altra prospettiva. Ecco allora che i bambini nel villaggio del sud del mondo, dopo aver stretto per mano il gigante buono ed averlo seguito per alcuni sentieri collinari, si trovavano magnificamente catapultati nelle felici terre del nord, dove trascorrevano ed ancora continuano a trascorrere un'eterna fanciullezza.

mercoledì 10 settembre 2014

SERA

Sera che scendi serena/ distesa su un letto di campi,/ sorridi agli ultimi raggi/ di un sole che settembre saluta./ Dipingi un paesaggio toscano/ di cipressi, olivi e papaveri/ benedetti dal tuo sacro silenzio,/ rincuorati dalla tua paziente calma./ Allontani gli agitati venti del giorno,/ doni sfumature d'argento ai colori/ e tessi le trame/ di una preghiera dell'anima./

martedì 2 settembre 2014

LA NUVOLA (LA NU VOLA) Racconto per bambini

Leggera leggera, una piccola nuvola si muoveva nel cielo di marzo in uno dei tanti anni della storia del mondo. Era spinta dal vento che soffiava delicatamente verso est, andando a mitigare il calore emanato dal sole dopo il risveglio mattutino. La nuvola, che saltellava gioiosa sullo strato dell'atmosfera, sembrava fatta di soffice cotone, oppure di gommosa ovatta, o anche di dolce zucchero filato, tanto che i bimbi intenti ad ammirarla avrebbero voluto giocarci insieme. Desideravano infatti raggiungerla, sospesi su un palloncino gonfiato, o calarla a terra, aiutandosi con lacci da cow-boy e funi da Indiana Jones. La nuvoletta, intanto, viaggiava nell'azzurro del cielo, in mezzo ad un immenso mare d'aria, cambiando forma e colore a seconda degli stati d'animo e delle condizioni climatiche: si allungava tutta, simile ad un serpentello, quando il vento soffiava forte; aumentava di volume, somigliando ad un ampio vestito da sposa, quando si emozionava alla vista dei gabbiani; si uniformava, rendendosi uguale a tante altre nuvole, quando dall'alto cadevano consecutive gocce di pioggia; si oscurava, tingendosi di un triste grigio, quando il cielo brontolone minacciava pioggia ed evaporava nelle sue estremità, ricordando il battito delle ali di farfalla, quando il sole le si avvicinava troppo. Fabio, un bambino curioso e felice di vivere in campagna, trascorreva i suoi pomeriggi primaverili esplorando le colline, correndo sulle distese d'erba, cercando fossili di conchiglia tra le vallate e rifugiandosi all'ombra di cespugli di lamponi, in compagnia dei suoi amici animali: uno scoiattolo dalla lunga coda marrone ed una tartaruga dall'andatura rassicurante. Durante uno di questi suoi giochi d'avventura, Fabio sentì che uno spirito dell'aria si era posato delicatamente sullo zainetto di stoffa verde che portava in spalle. Sollevato con gioia lo zaino, il bimbo riconobbe con un radioso sorriso Nu: la guida degli spiriti atmosferici, che danzava su punte di tulle d'avorio a fianco dei viaggiatori. << Ciao Nu! Sei venuta a trovarmi? >> le domandò spontaneamente il bambino, mentre lo scoiattolo si arrampicava veloce su una maestosa quercia. << Ciao Fabio! Sì, ti sono accanto in questo tuo importante viaggio d'esplorazione. Stai diventando grande, imparerai a gestire meglio la libertà, scoprirai molte novità ed apprezzerai sempre più la bellezza della natura e della vita. >> gli rispose la guida Nu, in quanto fonte di saggezza e maestra di buoni consigli. Fabio rimase un attimo stupito, perché non aveva afferrato subito tutta la profondità del messaggio di Nu. Continuò poi a giocare con i suoi amici, respirando a pieni polmoni l'aria fresca del sottobosco e divertendosi ad osservare con occhi sgranati ogni specie di pianta, fiore, fungo ed insetto che incontrava nel suo lungo cammino di crescita, protetto dai venti e sollevato dallo slancio dell'infanzia. Riuscì così a vedere la leggera, piccola nuvola Nu che tornava in alto nel cielo, salutandolo con affetto e amore universale. << La Nu vola! >> esclamò Fabio rivolto allo scoiattolo e alla tartaruga. Ecco spiegata l'origine fantastica della parola “nuvola”.

domenica 31 agosto 2014

IL MARCIAPIEDE (IL MARCIA PIEDE) Racconto per bambini

In una sera di fine estate, mentre il sole era già andato a dormire da un po', le ombre si allungavano su tutta una città industriale. Come trampolieri altissimi, sospesi tra cielo e terra, come alberi dal tronco slanciato e come torri d'avvistamento dei castelli medievali, così le ombre scure dei palazzi, delle aziende e degli altri edifici a più piani dominavano la città. Erano queste le immagini che il piccolo Dario osservava con stupore dalla finestra della sua cameretta, dopo che il boato di un tuono lo aveva svegliato dal beato tepore dei suoi teneri sogni. Il silenzio del sonno veniva sostituito anche da altri rumori della notte, perché alcune industrie continuavano a produrre, i camion viaggiavano ed altri mezzi di trasporto non smettevano di circolare. Dario, fino a quella sera, aveva conosciuto soltanto il mondo del giorno, fatto di luce, azzurro del cielo, bianco delle nuvole e verde dei pochi fili d'erba cresciuti nel parco pubblico vicino alla sua casa. Aveva sempre ascoltato, inoltre, suoni allegri: del carillon, delle sigle dei cartoni animati, dei gatti giocherelloni e delle romantiche canzoni fischiettate dalla mamma. Ora, invece, quando si percepiva in lontananza lo scoccare di cinque spaventosi rintocchi di campana, che sembravano assegnare il ritmo alla danza della pioggia, una sveglia cominciò a suonare in maniera metallica dalla camera dei genitori di Dario: era il segnale che il babbo doveva alzarsi per andare a lavoro. Anche un altro uomo, grande come il babbo, stava lavorando sulla strada davanti alla casa di Dario. Sceso da un furgoncino e vestito da capo a piedi con una tuta che colorava la notte, stava spazzando con calma la via ed una striscia grigia di lato. Senza pensarci un secondo, dato che ormai l'alba stava aprendo sempre più gli occhi di Dario, il bambino chiese direttamente all'operatore ecologico: << Ciao, cosa stai facendo? >>. L'uomo, dal fisico esile e dall'espressione bonaria, sentendo questa voce solitaria avvolta dalla nebbia della prima mattina, rimase un attimo meravigliato. Aveva capito bene o doveva ancora svegliarsi completamente? << Ehi, signore, che fai? Sono qua! >> ripetè Dario con tono squillante. Lo spazzino Arturo, a questo punto, non aveva più dubbi: aveva capito proprio bene. Volse la testa verso il bambino che lo aveva chiamato e che ora, affacciato ad una finestra di un secondo piano, a pochi metri da lui, gli stava sorridendo. << Ciao, buongiorno! Sei mattiniero, eh? Sto pulendo le strade, perché questo è il mio lavoro. >> gli rispose compiaciuto Arturo. << Non sono più riuscito ad addormentarmi, da quando è cominciato a piovere, però sono contento perché ho imparato una cosa nuova: che esiste anche il tuo lavoro. Ti diverti a farlo? >> << Eh eh! Dire che mi diverto è esagerato, ma sicuramente questo è un lavoro che mi piace, perché rendo più bella e pulita la città. Sto all'aria aperta e mi godo un po' di tranquillità, prima che la città venga invasa dalla marea di lavoratori agitati. >> << Allora pulisci le vie come mamma pulisce la nostra casa? >> continuava a chiedere con interesse Dario. << Esatto, è la stessa cosa! Come ognuno di noi è contento di abitare in una casa pulita e profumata, così si dovrebbe avere cura degli spazi pubblici, che sono di tutti, invece ogni volta che riprendo il lavoro aumenta lo sporco per terra, tra sacchetti della spazzatura, lattine e pacchetti di sigarette. >> Arturo spazzava, raccoglieva lo sporco e trasmetteva insegnamenti di vita al bambino. << E' vero! E poi è facile da fare, perché se si sporca meno, si pulisce anche meno. >> Dario, entusiasta, aveva gli occhi sgranati sull'operatore ecologico e sui loro ragionamenti. << Senti, ma cos'è codesta striscia grigia di lato? >> << Questa? E' il marciapiede! >> << Il marcia che? >> proseguì il bimbo, che non aveva mai sentito quel nome. << Il marciapiede! E' una striscia di cemento rialzata da terra sulla quale si cammina, mentre per la strada passano bici, auto, motori. Si chiama proprio “marciapiede” perché sopra ci marcia il piede, ci si muovono i piedi, insomma: ci camminano le persone, al sicuro dai mezzi di trasporto. >> Arturo, che aveva iniziato meglio del solito la mattina lavorativa, felice di dare spiegazioni al piccolo Dario, era giunto al termine di Via Dei Ciliegi. << Ho capito! Marciapiede perché ci marcia il piede! Marcia piede, marcia piede! >> esclamava con la gioia della nuova scoperta il bambino. Intanto, in casa, il babbo di Dario, che era pronto per andare a lavoro, si accorse che il figlio era sveglio. Bussò alla porta della sua camera e, dopo il “ Vieni, babbo!”, lo vide raggiante alla finestra. << Stamani sei già sveglio? Tutto bene, Dario? >> gli domandò un po' stupito. << Sì sì, babbo, sto benissimo! Grazie allo spazzino che ci pulisce le strade, ora ti accompagno alla fermata dell'autobus. >> << Ti ha messo subito a lavoro? >> << No, ma mi ha fatto capire tante cose e mi ha insegnato una parola nuova: marciapiede. Siccome stamani ho scoperto cos'è la striscia grigia di lato alla strada ed a cosa serve, ho deciso di venire con te, camminando per tutto il marciapiede che da qui arriva fino alla fermata dell'autobus! >> disse soddisfatto il bimbo. Dopo alcuni secondi, Dario e suo padre si tenevano stretti per mano, felici e contenti di camminare sul marciapiede di Via Dei Ciliegi, mentre Arturo li guardava con simpatia.

IL DIVANO (DIVA NO) Racconto per bambini

Sulla piazza centrale di una nordica capitale europea si trovava, ormai da due generazioni, un grazioso hotel gestito da un'affiatata famiglia. Nel corso del tempo, l'albergo era stato ristrutturato e ampliato, fino ad accogliere cinquantatré camere, tra le quali tre suites con una magnifica vista panoramica su tutta la città. Nonostante l'hotel desse alloggio a molti personaggi famosi, aveva mantenuto un carattere semplice e familiare, riconoscibile dagli sguardi sinceri dei proprietari, dalla personalizzazione delle stanze e dall'arredo sobrio e funzionale. In uno degli spazi comuni, precisamente nell'angolo di un salotto accanto alla reception, se ne stava tranquillo e silenzioso un divano a due posti di stoffa rossa, pronto ad ospitare qualche turista. Erano passati gli anni, alle stagioni calde erano succedute quelle fredde e centinaia di viaggiatori avevano soggiornato su quella piazza, ma il divano rosso era rimasto al suo posto. Fermo immobile sulle sue quattro zampe di legno chiaro, osservava attento e curioso gli spostamenti della gente: giovani uomini d'affari immersi nei loro pensieri, allegre famiglie cariche di valigie, eleganti signore dall'aria affascinante e celebrità del cinema in vacanza. Proprio una di queste attrici di soap-opera, avvolta in un lussuoso cappotto di pelliccia argentata, sopraelevata su vertiginosi tacchi a spillo ed oscurata da mostruosi occhiali da sole, entrò rumorosamente nell'albergo con una schiera di facchini al seguito. L'attricetta non voleva assolutamente passare inosservata e pretendeva tutte le possibili attenzioni da parte del personale alberghiero al completo. << La valigia, il trolley, il bagaglio a mano, il beauty-case e la borsetta! >> richiamava all'ordine i suoi umili servitori. << Ogni oggetto deve essere sistemato con cura, mi raccomando! >>. La ridicola scena non era sfuggita alla vista del divano che, adesso, notava l'ingresso di un'anziana signora, stanca dopo una lunga camminata. Mentre la donna affaticata si stava dirigendo lentamente verso il divano a due posti, l'appariscente attrice la volle anticipare con un astuto passo felino. Era giunto il momento della scelta: il divano avrebbe dovuto prendere una decisione, dato che già un turista inglese vi stava seduto a leggere un giornale. << La diva no! >> esordì lasciando vibrare in alto due zampe laterali. << La diva no! Non è giusto far sedere una donna così arrogante, quando invece una signora, una vera signora, ha davvero bisogno di riposarsi! >>. Il divano rosso continuò ad agitare il fianco sinistro, mentre anche il turista che ne occupava la metà annuiva con la testa, avendo compreso un messaggio universale come quello. L'attrice, non potendo sedersi sul divano, rimase talmente incredula e imbarazzata che non riuscì a sillabare alcuna parola; fu in grado soltanto di voltare i tacchi e di tornarsene indispettita da dove era venuta, dimenticandosi il suo intero guardaroba. Il divano (diva no), che da quella volta e da quella storia fantastica ha preso il suo nome perché non ha voluto ospitare la diva, fu ben felice di far accomodare l'anziana signora, grata per il suo nobile gesto.

mercoledì 22 gennaio 2014

IL MOVIMENTO (MOVI MENTO) Racconto per bambini

C'era una volta, in un ridente paesino affacciato sul mare, un'accogliente piazza dove la gente si riuniva. La tradizione di darsi appuntamento in quella piazza, Piazza della Vittoria, per ritrovarsi tra amici e conoscenti, per conversare, progettare, riposarsi in compagnia o semplicemente per ammirare il suggestivo panorama marittimo, è rimasta viva ancora oggi. Se attraversiamo il lungomare costeggiato da siepi di rododendri e da piccole imbarcazioni, proseguendo in direzione della rocca vicina al porticciolo, veniamo richiamati dall'eco della spumeggiante fontana che intona melodie incantevoli come quelle cantate dalle sirene all'eroico Ulisse. Ci sentiamo allora attratti dall'abbraccio della piazzetta, che si apre in un circolare spazio di respiro tra le stradine intorno, dove le umili panchine, chine alla nostra comodità, fanno da corollario ai salti dell'acqua, al centro di un modesto mosaico di mattoncini. E' in questo ambiente circoscritto, ma dalle ampie vedute, familiare, ma protratto su infinite onde di lidi stranieri, che anche i turisti di passaggio per una vacanza si sentono come a casa propria. I panni stesi alle finestre, i vasi di fiori sui balconi e le facciate dipinte delle casette intorno alla Piazza sono un ormeggio sicuro per ogni viaggiatore, che lì eredita culture e tradizioni. Il movimento dei bambini che si rincorrono, il via vai dei visitatori, le passeggiate dei fidanzati stretti per mano ed i passi veloci degli abitanti al lavoro e dei pescatori che scaricano le reti sono segni vitali e codici linguistici di una comunicazione diretta e spontanea, dove le mosse dei menti seguono il senso verticale, per acconsentire, per confermare, per dimostrare comprensione e sostegno. Ogni viandante, turista e forestiero che raggiunge vittorioso il cuore pulsante di questo luogo, Piazza della Vittoria, appunto, muove il mento in un movimento generale di cooperazione e solidarietà che garantiscono benessere, presupposto fondamentale per vacanze e forme di vita ben riuscite. << Sì, qui stiamo bene! >> significano quei gesti reciproci e convalidanti di un quieto e sano vivere, che sembrava scomparso nella società attuale, ma che esiste ancora, in un paesino come questo. Basta saperlo cercare!

sabato 18 gennaio 2014

LA NOTTE (NO TE) Racconto per bambini

Nella notte dei tempi, quando i venti freddi ululavano sulle terre deserte ed i lamenti disperati degli uomini non ricevevano risposte, si restava prigionieri di storie inventate e leggende fantastiche che provavano a spiegare i “perché” della vita. Si raccontava che giganteschi mostri dall'animo cattivo, abitanti nelle sperdute caverne sui monti, al calar della sera scendessero a valle per impaurire la povera gente. Appena il sole tramontava e la luce spariva all'orizzonte, si sentivano rimbombare con echi vertiginosi i passi pesanti e spaventevoli di quegli esseri spregevoli che portavano orrore e distruzione. Tutto abbattevano al loro passaggio, agitavano gli animali e creavano scompiglio tra tutti coloro che venivano sovrastati dalle loro sproporzionate ombre nere. La notte, intanto, diventava padrona del mondo intero, avvolgendolo con il suo gelido mantello scuro ed impedendo alle stelle di brillare nel cielo, per togliere ai terrestri la possibilità di sognare. Gli uomini correvano, scappavano dalla sorte così avversa e si rifugiavano, quando potevano, al chiuso delle proprie dimore, pregando le divinità di giungere in loro aiuto. Gli antenati dell'uomo moderno credevano che il buio, il dolore ed il male fossero conseguenze dei loro comportamenti sbagliati, delle loro mancanze e dei loro peccati, da dover espiare per rivedere la luce della salvezza. Ecco allora che si adottarono soluzioni condivise: recitare frasi di perdono, inginocchiarsi davanti al focolare, abbracciare i membri della famiglia ed impegnarsi per diventare persone più buone. Non sempre, però, i risultati arrivavano subito ed occorreva avere molta pazienza, prima di rivedere un'alba nuova. Gli dèi, dall'alto dell'Olimpo, discutevano e si ingegnavano per riportare la pace sulla terra, lanciando fulmini contro i mostri malvagi, facendo riflettere gli umani e ristabilendo le condizioni climatiche. La notte poteva essere sconfitta nell'arco di poco tempo, se le forze divine erano più potenti, come pure dopo molti combattimenti lunghi ed estenuanti, che causavano vittime, feriti, epidemie e rassegnazione. Una rassegnazione generale che stancava gli dèi, deprimeva gli uomini e rendeva il paesaggio intorno brullo e desolato, come segnato da eterne foglie autunnali. << No te ! No te ! No te ! >> un urlo squillante ruppe l'assordante silenzio succeduto ad una guerra persa. Ci si rese conto che quelle sillabe ripetute provenivano da un'umile capanna illuminata da legna ardente. Una giovane madre aveva preso in braccio il suo bambino che, in piena notte, aveva fatto un brutto incubo e si era svegliato gridando “no te !”. << No te ! Vai via, notte, non voglio più vederti, notte brutta e cattiva! >> continuava a ripetere il bimbo piangente. Piccolo era il bambino, ma grande il suo potere, superiore a quello dei mostri , delle divinità e degli uomini adulti, nel riuscire a sconfiggere la notte e a ridare al mondo la gioia del giorno. E luce fu, col chiarore del sole che subito tornò a riprendere posto sul suo carro infuocato!