mercoledì 1 dicembre 2010

VIENI VIA CON ME

Grande rivalutazione della televisione pubblica, con le messe in onda della trasmissione “Vieni via con me”, condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano su RAI3, per tre lunedì consecutivi!
Si è trattato di puntate revival d'inizio TV, ma aggiornate ai nostri tempi, come ci hanno ricordato i microfoni datati, le parole e le note musicali della canzone-titolo del programma. Dopo la visione della piacevole, istruttiva ed accurata organizzazione televisiva, ho potuto affermare con piena soddisfazione, a distanza di un perenne periodo buio della TV: << Questa sì che è televisione! >>.
Grazie alla conduzione di Fazio ed alla sapienza di Saviano, insieme ad una élite di virtuosi personaggi della cultura, sono state aperte le menti al pubblico, attraverso la divulgazione di preziose informazioni su critiche questioni d'attualità, quali la lotta alla mafia, lo smaltimento dei rifiuti e le calamità naturali in Italia, oscurate in modo sistematico dalle trame del potere. Sono passati in rassegna come eroi nazionali, valorosi paladini di intelligenza ed osservatori della realtà, Roberto Benigni, Corrado Guzzanti, Paolo Rossi, Antonio Albanese, Dario Fo, Antonio Cornacchione e gli esponenti politici di alcuni partiti, come Gianfranco Fini, Pierluigi Bersani e Roberto Maroni, che hanno espresso con inconsueta civiltà le filosofie dei loro schieramenti. Anche il corpo di ballo e la compagnia di attori, contrariamente a ciò che si vede d'abitudine sugli schermi televisivi, sono risultati professionali e ben inseriti all'interno del programma per la capacità che hanno dimostrato di far riflettere, ricorrendo ad un linguaggio alternativo rispetto alla parola. E' stata poi data voce alla gente “comune”, perchè potesse raccontare la propria vera storia di vita, rendere pubbliche, dello Stato, le personali esperienze di abbandono sociale e condividerne i dolori e le responsabilità.
Le tre puntate hanno registrato un massiccio record di ascolti, a testimonianza del riconoscimento di competenze, valori e principi educativi che sembravano perduti, ma che non lo sono del tutto, soprattutto se siamo riusciti – noi telespettatori – a farci portare “via con loro”.

venerdì 12 novembre 2010

LA VISIBILITA' AD OGNI COSTO

Pur di farci notare, pur di risultare visibili agli altri – tutti e nessuno – , siamo disposti anche a pagare prezzi esorbitanti, fino a mettere a repentaglio la nostra dignità.
Si assiste ormai da diversi anni, da quando ha cominciato a radicarsi in Italia il berlusconismo, ad una lode fuori misura dell'apparenza e della pubblicità ossessiva dell'estetica, senza cura alcuna dell'etica, esponendo sul mercato pubblico fumose idee su quelle che dovrebbero essere le carte vincenti nella nostra società: bellezza, visibilità, ipocrisia, preconfezionati personaggi famosi.
“Bucano gli schermi” della TV trasmissioni fondate unicamente sulla spettacolarizzazione di corpi femminili dalle forme perfette, ma con personalità costruite o annullate. Si investono cifre stratosferiche di soldi, che onesti lavoratori alle dipendenze dello Stato si sognano in una vita intera, per comprare e vendere immagini su immagini, puntando sui fattori “età” e “moda”. Si legge troppo spesso, su quotidiani e riviste, di ricompense smisurate elargite come voluminosi pacchi-dono a pseudo personaggi dello spettacolo: tremilioni di euro (€ 3.000.000!) a Fabrizio Corona per non essersi neanche esibito in una discoteca toscana ed addirittura cinquemilioni di euro alla escort più chiacchierata del momento, Ruby Rubacuori, sempre per una serata in discoteca. Quando poi un povero cristo, che lavora mattina e sera per quaranta ore settimanali, guadagna appena mille euro al mese!
Ma questa è la nostra Italia: un carrozzone itinerante che investe, ricerca e lancia sulle prime pagine i nuovi talenti televisivi, gente comica, giovanissime appariscenti, donne di strada ma dalle relazioni coi potenti e lavoratori depressi che, invece di giocare ogni settimana al Superenalotto e tentare la fortuna, decidono alla fine di salire sul carro circense-carnevalesco per poter far parte di un reality televisivo.

giovedì 9 settembre 2010

FACEBOOK: UNA COMUNITÀ FANTASMA

Rimbombano assordanti echi di silenzio nel vuoto urlo di messaggi sorretti da un solo squarcio di anime vagabonde e depresse. Questa è Facebook: una comunità fantasma, costituita da spiriti vibranti in cerca d'identità, di visibilità e di sostegno. Fantasmi di una società fredda e isolante, che si riuniscono nei notturni giorni segnati da ombre intramontabili... Comunicano il niente che li avvolge e che li strega, affascinati da cuori rubati, messaggi cifrati, mode superate e profili da star, nell'attesa struggente di diventare stelle opache del firmamento terrestre.

venerdì 3 settembre 2010

S.O.S. SCUOLA

Vicino ad una scuola secondaria di primo grado della provincia di Pisa, dieci anni dopo l'inizio del XXI secolo:

<< Mamma, stamani non voglio andare a scuola! >>
<< Come sarebbe “non voglio andare a scuola!” ? Alla tua età si ha il diritto e il dovere di andare a scuola; non a caso la tua è la scuola dell'obbligo, almeno qua in Italia. >>
<< Sì, lo conosco il discorso dell'obbligo, ma come si fa a parlare di diritto e dovere in una scuola come la mia? Io, da studente con meno di quindici anni, dovrei sentirmi onorato ad avere il diritto di studiare, ad avere la possibilità di imparare tante cose stando insieme ai miei amici, quindi dovrei rispettare l'obbligo di frequenza. Ma nella mia scuola, mamma, non esistono né diritti né doveri, perchè nessuno sa cosa siano! >>
<< Oh, quanto siamo polemici di mattinata! Mi sembra che tu sia troppo critico! Un ragazzino come te dovrebbe capire che il fatto di andare a scuola non può essere messo in discussione: è come il lavoro per mamma e babbo, capisci? Figuriamoci se noi tuoi genitori ci lamentiamo per come vanno i nostri lavori, soprattutto in un periodo di crisi nera come questo! Ci mancherebbe anche che io o babbo, di fronte ad una moltitudine di disoccupati, precari e lavoratori a tempo determinato, andassimo dai nostri rispettivi dirigenti a protestare perchè in ufficio o nella ditta mancano il rispetto, l'attitudine al lavoro, la professionalità, la collaborazione, la trasparenza del contratto e la regolarità dei pagamenti...! >>
<< Ma mamma, ti rendi conto di quello che dici!? Se davvero le faccende dei vostri lavori vanno così come le hai raccontate tu, dovresti essere come minimo arrabbiata quanto lo sono io! E voi non denunciate le scorrettezze sul lavoro, sia pubblico che privato, perchè guardate chi sta peggio di voi o avete paura di perdere il posto? >>
<< Marco... Da adulti è diverso che da adolescenti come te! Quando si diventa grandi, si hanno accumulate dentro di noi tante esperienze di vita, belle e brutte, e proprio perchè abbiamo passato tanti soli e tante lune, superato o provato a superare tante prove, ed imparato infine come funziona questo mondo, ci rendiamo conto che non possiamo piangere ogni volta che qualcosa ci va storto, perchè noi vorremmo camminare a diritto, mentre il resto del mondo svolta a destra... >>
<< Ma io voglio essere così anche da grande, per come penso, intendo! Cioè, se ora credo che una cosa sia sbagliata e debba essere cambiata o tolta dalla circolazione, penso e spero di crederlo anche tra vent'anni. >>
<< E' semplice a dirsi, ma poi, nel concreto di tutti i giorni è un'altra cosa! Col trascorrere degli anni, figlio mio, si diventa meno sensibili agli eventi della vita che ci capitano, come la pelle del nostro corpo diventa più secca. Se da giovani si sta un giorno intero a ridere ed il giorno dopo a piangere, e così di seguito fino alla maturità, da adulti si porta in volto spesso, se non sempre, l'espressione dell'indifferenza, lasciandoci scivolare addosso come la pioggia le sensazioni, le manifestazioni naturali, gli incontri con le persone, le piaghe sociali, i disastri mondiali ed anche i problemi di lavoro. >>
<< Allora vuol dire che in qualche modo, a voi adulti, fa piacere convivere con il disagio o, quantomeno, non lo rifiutate (a gran voce, in piazza, con bandiere e striscioni come faccio io)! >>
<< Non è esattamente una questione di “piacere” quanto, piuttosto, una mancanza di forze e di energie per combattere, unite all'idea che ben altri sono i veri problemi della vita e che gli effettivi motivi per amare la vita e gustarne la felicità sono pochi. >>
<< Hum… Certo, mamma, che messaggio di ottimismo mi hai dato! Ma a me piace esser polemico come mi hai detto tu prima, perchè credo di averne le ragioni, e non poche, per esserlo! Stai un po' a sentire, in questa mattinata che mi aiuta a respirare e a sfogarmi, quali e quanti sono i problemi della mia scuola. Che già a definirla “mia” mi provoca una spontanea reazione di fastidio, di repulsione, come sentire il dolore di tante punture di zanzara tutti insieme.


Il primo giorno di scuola è stato un caos totale!

Ed i giorni a seguire, come i gironi infernali, lo saranno sempre di più, in un crescendo estenuante ed allarmante, fino addirittura all'ultimo sacrosanto giorno, quello del “the end”, della liberazione, del non-ritorno!

Come sai, mamma, la notte prima dell'inizio della scuola media è stata agitata per me: provavo a dormire e poi di svegliavo, mi giravo e mi rigiravo nel letto senza riaddormentarmi, mi sentiva la pancia e non riuscivo a stare fermo, pensavo a chi avrei incontrato la mattina dopo, a chi sarebbero stati i miei nuovi maestri (ehm, professori!), a cosa ci avrebbero detto e fatto fare, a come sarebbe stata la nuova scuola e se io sarei stato in grado di studiare da bimbo più grande che non va più alle elementari... Quando non ho fatto più questi pensieri, quando saranno state le quattro di notte, ho acceso la lampada del comodino e, guardando lo zaino preparato con libri e quaderni, ho pensato che i personaggi disegnati sul mio zaino mi avrebbero aiutato a superare tutte le mie paure, ad iniziare la nuova scuola senza problemi.

La notte prima degli esami – come ci ricorda una rinomata canzone italiana – o, a maggior ragione, la notte prima di un viaggio in un nuovo mondo scolastico, è caratterizzata da tensioni, da agitazioni, da turbamenti, principalmente se il protagonista è un ragazzino, alle prese con tanti piccoli grandi problemi quotidiani legati al periodo di crescita dell'adolescenza. E' piuttosto naturale che un adolescente abbia certe aspettative sul proprio futuro personale, e dovrebbe essere altrettanto naturale che questi sogni venissero esauditi, tanto più nell'ambito dell'educazione pubblica.

La mattina, col mio zaino protettore a spalle, dopo che tu mi hai salutato con quel tuo bel sorriso, sono andato nella mia nuova aula, mentre quasi tutte le persone che erano nella scuola, dai bimbi agli adulti, facevano confusione: urlavano, correvano, andavano da una parte e poi dall'altra, tenevano in mano fogli che leggevano, poi posavano e dopo riprendevano, lanciavano cartelle, muovevano veloci le braccia e si mettevano le mani nei capelli (quelli che ce li avevano ancora i capelli!), parlavano a voce alta e senza che si potesse capire...
Ad un certo punto è venuta la preside, perchè tutti hanno detto: << Silenzio, ecco la preside! >> e lei ha detto: << Che confusione! Io, poi, di mattinata mi confondo sempre! Ma questa bimba (indicando un'alunna straniera) va in questa classe? >> Invece non era nella classe dove credeva la preside...
La prima campanella, che è suonata dopo un'ora di continuo vociare, mi ha fatto prendere paura, perchè il suono era acuto e non finiva mai, infatti qualcuno ha urlato a una custode: << Oh, bastaaaa!! >>. Dopo, nella mia classe, che non si era ancora ben capito quale fosse, si è presentata la professoressa di italiano e geografia, dicendoci il suo nome insieme al suo soprannome, e così ha fatto con ognuno di noi bimbi: mentre faceva l'appello, inventava un soprannome o un diminuitivo del nostro cognome da abbinarci, ma a me non piaceva l'idea e speravo che lo facesse per gioco o per farci stare tranquilli nella nuova scuola, invece lo ha fatto quasi sempre anche negli altri giorni.

<< Ah siii!? E a te, Marco, che soprannome ha dato? >>
<< Ha trovato la rima “ravanelli” dal nostro cognome e tanti dei miei nuovi compagni di classe hanno iniziato a ridere, ma a me non faceva ridere per niente. >>
<< Che sciocca! Sai cosa sono i ravanelli? >>
<< Sì che lo so, sono un tipo di verdura. >>
<< O forse codesta donna intendeva altro... >>.

Insomma, soltanto alla fine del primo giorno di scuola, che non è stato un giorno intero come quelli dopo con cinque ore, ma limitato a quattro, io ero già cotto come una pera.
Quando sono arrivato da voi a casa mi sentivo stanco, triste, annoiato e arrabbiato come se avessi fatto una maratona sotto il sole, convinto di non arrivare mai al traguardo!

mercoledì 26 maggio 2010

RACCONTO DEL MISTERO N. 5

In quella notte ancestrale, le tenebre calarono improvvise sulla periferia di una città industriale, seppellendo tutto e tutti. Travestite da arpie con piumate ali corvine, ossute gambe diafane ed irti capelli da strega, le saette di buio seminarono il panico tra la gente.
Sarah Hudson assistette esterrefatta all'evento metafisico dalla finestra della sua camera. L'oscurità totale aveva investito la distesa di testi filosofici che la ragazza stava leggendo, al punto tale da farla sobbalzare dalla sedia per darsi una spiegazione.
Se la fioca luce della lampada sulla scrivania poteva aiutarla, anche soltanto un minimo, a far chiarezza, un mostro terrorizzante stava là fuori ad aspettarla.
Sarah richiamò con impeto nella sua testa le teorie di illustri eruditi sull'origine del mondo, sugli intrecci tra eventi naturali e magici, e sul potere che hanno gli uomini di fronte a tanto, ma nulla poteva reggere il confronto con quel carnevale demoniaco.
Nel frattempo, si scatenò un'altra proiezione dell'inferno: un lampo dallo sguardo agghiacciante, seguito da un tuono dalla voce assordante, si scaraventarono massicci sullo scudo trasparente dello studio, infrangendone in un battito d'ali i vetri.
Sarah scattò in piedi allarmata e, dirigendo gli occhi contro l'avversario, iniziò a combattere la prima guerra della sua spensierata ed innocente vita. Lei, la soldatessa a capo di un esercito di sagge idee, l'eroina a difesa della propria anima; loro, rabbiosi spiriti infetti, arruolati in schiere di giravolte taglienti. La studentessa universitaria, consapevole delle sue solide conoscenze e sostenuta da un coraggio non troppo acerbo, impugnò con decisione la maniglia della porta-finestra e la tirò con forza a sé, trovandosi da sola davanti ad un aggressivo faro di raggi lunari. La sua lunga vestaglia da camera, morbida e leggera sulle sue rosee membra, indossata con grazia e femminilità, le conferiva un aspetto ancora più etereo del solito.
La scena che si presentava davanti ai minuscoli insetti roteanti sul balcone fiorito del terrazzo, era quella di un'angelica principessa senza tempo, catapultata in una dimensione paradossale contrassegnata da malvagi esseri deformi.
Sarah riuscì a sostenere la vista abbagliante della luna piena e dei tuoni che laceravano violentemente il cielo fosco, potendo distinguere due fanali sanguigni indirizzati minacciosamente verso di lei. La giovane combattente si sporse dal davanzale e mosse rapidamente, ma con mirata precisione, una serie di acrobazie delle braccia e delle gambe per respingere la possente onda d'urto delle arpie che, ebbre di crudeltà, si agitarono scomposte in una macabra danza.
Aprendosi così un sottile varco visivo, Sarah ebbe modo di osservare meglio l'oggetto che continuava a fissarla dall'alto di una funebre impalcatura: quelli che le parevano occhi mostruosi, erano in realtà due rosse spie lampeggianti che segnalavano l'allarme, non per un'imminente fine del mondo, bensì per un corto circuito elettrico verificatosi in seguito ad una tempestosa notte di pioggia e vento.
Recuperate le lacere stoffe dell'abito da notte, sistemata la fluente chioma dopo gli scatenati balli e riordinati i pensieri svagati sui lineari binari della logica, la ragazza riacquistò il senno delle sue facoltà e capì, adagiandosi sul letto, che il senso di quella notte insonne era racchiuso in pillole di saggezza e fantasia.

giovedì 20 maggio 2010

CONTRO LA CRISI

Come esperte faccendiere
dall'alto delle loro poltrone
si affannano i politici
di scuro vestiti

a conti fare
riforme attuare
discorsi fumosi tenere
ed avversari sopraffare,
macchiandosi di scandali
e ricorrendo ad inganni,

per sedare
con ignorata conoscenza
e prolungata urgenza
la crisi.

Senza accorgersi
che ben altre
son le semplici accortezze
da adottare,
in scrigni di valori
custodite da gente di paese:

godere appieno
del sorriso di un bimbo appena nato,
del solerte lavoro,
dell'ambizione come strada maestra,
dell'onestà e la passione strette tra le mani,
della creatività a guida del pensiero,
del sole che riscalda
e dell'acqua che rinfresca,
dell'aria libera che fa vivere
e della terra compatta che sostiene,
dell'amore da diffondere,
del silenzio per capire,
della parola per dar voce,
di un girotondo attorno al mondo
e di questo caldo bacio,
adesso,
della buonanotte!

mercoledì 21 aprile 2010

LA' DOVE C'ERA L'ERBA ...

“Là dove c'era l'erba/ ora c'è/ una città...” sono parole di un testo famoso cantato una cinquantina di anni fa dall'eclettico Adriano Celentano.
Nel cambio di secolo, col passaggio dal Novecento al Duemila, si è invece registrata una cifra in crescita esponenziale di denunce, interventi critici, rievocazioni nostalgiche, memorie personali, dichiarazioni pubbliche e richiami all'ordine sullo sgretolarsi del patrimonio ambientale per far posto ai colossi costruiti con cemento e mattoni.
Tra i cavalieri che si prodigano a lottare contro i mulini a vento o contro i paladini schierati in difesa di potenti imperatori, ci sono anch'io, intenzionata a porre l'accento su una trasformazione del territorio locale. Osservo infatti, come Celentano, che: “là dove c'era l'erba, ora c'è un supermercato”, riferendomi nello specifico all'apertura del centro commerciale Coop, situato nella zona periferica di Pontedera che si avvicina a Ponsacco.
Sono trascorsi cinque mesi da quando è stato inaugurato il supermarket con una galleria di negozi, che si fatica a ricordare o a sapere che prima c'erano soltanto campi di terra. Le luminose insegne colorate innalzate fino al cielo, le vetrine con l'esposizione di svariati prodotti ed allettanti offerte, come il via-vai della gente per comprare ed i parcheggi riempiti dalle automobili station-wagon, sono la risposta all'imperante e diabolica legge di mercato.
Conviene certamente di più per l'economia di un paese far circolare i soldi attraverso la moltiplicazione di catene che reggono le domande e le offerte di beni, piuttosto che lasciar crescere spontaneamente dell'erba in un campo. In fin dei conti, un'ampia distesa di verde può rallegrare soltanto i cuori di pochi e semplici bambini, che si accontentano ancora di correre liberi e di saltare i fossi, mentre un'area commerciale rende felici le tasche di milioni e milioni di adulti, sia quando si alleggeriscono per la soddisfazione di spendere, sia quando si riempiono per il piacere di guadagnare.
Ma chi pensa a custodire il leggiadro ricordo di fanciulli cresciuti?
Chi impedisce nel concreto l'ampliarsi a dismisura della città, in favore della campagna?
Perchè il progresso, anziché essere sinonimo di sviluppo urbano e industriale, non viene concepito come riscoperta e valorizzazione di ambienti naturali?
Se continuiamo a lasciare nel dimenticatoio il valore mondiale delle risorse geografiche, scompariranno anche le tracce di vita umana.
Se non ci auguriamo che il globo terrestre venga inghiottito da una catastrofe micidiale, impegnamoci a rendere il presente uno specchio vicino ai comportamenti sociali del passato.

giovedì 8 aprile 2010

PARIGI

Antica Lutetia romana,
odierna Paris francese.

Memoria di tasselli medievali,
proiezione avanguardistica verso tempi futuri.

Esposizione Universale dalla Belle Epoque,
ricerca continua di artistiche tecniche espressive.

Erede di stirpi reali,
capolinea di viaggiatori da ogni parte del mondo.

Capitale cullata dalla Senna,
tessuto ricamato da palazzi, monumenti, simboli e viali.

Preziosa dimora di nobili, re ed imperatori,
vasta piazza affollata dal popolo.

Scrigno di inestimabili bellezze,
finestra (Grande Arche) aperta sul mondo.

Ferro grigio d'elegante fascino senile,
luce dorata di sfavillante estasi fulminea.

Spettatrice di romantiche storie d'amore,
protagonista in un teatro con scenari d'arte.

Museo di tanti musei,
fotografia in bianco e nero.

Repubblica combattuta e tenacemente conquistata,
stendardo issato d'identità e d'esaltazione nazionale.

Libertà di trasparenti giochi d'acqua,
onore e gloria di decori modellati.

Uguaglianza di diritti e di doveri,
crogiolo di variopinte etnie.

Fratellanza nella condivisione di spazi pubblici,
manifesto di parole tradotte in tutte le lingue.

Sorriso di benvenuto,
lacrima alla partenza.

mercoledì 7 aprile 2010

C'E' CHI FA E C'E' CHI FA FINTA DI FARE

C'è chi lavora per passione
e c'è chi lavora per guadagnare,
c'è chi gioca per divertimento
e c'è chi gioca per diventare un campione,
c'è chi lotta per sopravvivere
e c'è chi lotta per aggredire,
c'è chi discute per confrontarsi
e c'è chi discute per aver sempre ragione,
c'è chi segue le proprie idee
e c'è chi segue le idee degli altri,
c'è chi viaggia per scoprire
e c'è chi viaggia per sporcare,
c'è chi cerca la bellezza
e c'è chi cerca la bruttezza,
c'è chi parla con giudizio
e c'è chi parla per dar aria alla bocca,
c'è chi costruisce in tanti anni
e c'è chi distrugge in pochi minuti,
c'è chi studia per capire
e c'è chi studia per dovere,
c'è chi sorride per contentezza
e c'è chi sorride per la fotografia,
c'è chi si impegna per migliorare
e c'è chi si impegna per peggiorare.

lunedì 22 marzo 2010

LA NOTTE DELLE FATE





Il 60° Festival della canzone italiana si è da poco concluso in modo sconclusionato, con vincitori perdenti e ultimi arrivati vincenti, senza di certo rendere omaggio alla musica dell'Italia ed alla voce dei suoi validi cantori.
Non intendo dilungarmi sulla critica ai cantanti che vi hanno partecipato, sulla pilotazione scorretta ai televoti e sui testi vuoti di spessore di alcune canzoni, anche se c'è stato materiale in abbondanza.
Per me il vincitore è Enrico Ruggeri. Appena ho ascoltato la sua canzone, La notte delle fate, sono rimasta subito colpita piacevolmente: ho sentito degli accordi musicali armoniosi e delle note inserite ad effetto nei punti di svolta, che muovevano un profondo corpo di parole. Il mio orecchio ha percepito immediatamente una raffinata armonia di suoni, intervallata con criterio da caldi assaggi di rock, mentre il mio cervello ha colto un logico collegamento di frasi incentrate su dinamiche relazionali che hanno come protagoniste figure femminili.
Sono proprio le relazioni, infatti, i rapporti con gli altri, con la gente, col collega di lavoro, con i familiari, con il fidanzato, con gli amici, con i conoscenti e con gli sconosciuti, che necessitano di revisione, più che mai nell'odierna società. Non si può più “far finta di”, non si può più guardare oltre o chiudersi in se stessi, allontanandoci da tutto e da tutti, combattendo e soffrendo da soli per i nostri problemi, senza riconoscere davvero le nostre e le altrui capacità d'aiuto.
Ruggeri, cantando questo testo con sentimento, ragionevolezza, padronanza vocalica, capacità interpretativa ed intento didattico-divulgativo, sa ben mettere sotto ai riflettori mediatici un tema spesso oscurato o poco approfondito come quello della sofferenza provata dalle donne. Una sofferenza figlia di ingiustizie, soprusi, disuguaglianze, violenze, dolori fisici e morali che indeboliscono, disorientano ed affliggono ragazze, mogli e madri di famiglia, costringendole spesso ad abbandonare sogni, a chiudersi in se stesse ed a vedere intorno soltanto il buio.
La notte delle fate, però, ci ricorda che nulla è perduto, che esistono ancora le luci della speranza e della dritta via, che la libertà può tornare ad essere un diritto effettivo e che le favole possono avverarsi. Ecco allora che le donne, almeno per una notte, acquistano le sembianze di fate, vivendo la magia di sentirsi nuovamente forti eppure leggiadre, tenaci eppure sospese in aria, adulte eppure bambine.
La trascrizione a seguire di una parte del brano musicale in forma poetica, secondo me aiuta a riflettere meglio sull'argomento in questione, rivalutandone con calma il significato delle parole e ripensando quindi alla canzone nel suo insieme.


(…) Ognuno sente tanto dolore quando si piega in sè
E non vede niente
Poi una luce passa le inferriate
La notte delle fate

Ogni donna ha un paio d’ali chiuse dentro sè
E sogna ancora vette inesplorate
La notte delle fate

Ogni donna ha un paio d’ali chiuse dentro sè
Pronta a certe ascese sconfinate (...)

giovedì 25 febbraio 2010

DIALOGO TRA UNO STOMACO UMANO E UNA MACCHINETTA DA CAFFE'

Uno stomaco umano, al primo risveglio mattutino, salutava il nuovo giorno con un brontolìo smanioso che lamentava l'insonnia della trascorsa notte.
Una macchinetta da caffé, intanto, si preparava ad iniziare la giornata su un fornello a gas.
Nel silenzio della casa, rimbombava dalle pareti dello stomaco l'eco di un tamburo lontano, di una centrifuga in azione e di un concerto di rane stonate, il tutto condito da un vortice di cattivi pensieri: gllhgrah...glllhhgrrah...gllllhhhgrrahh!
Trasportato a forza dal letto alla cucina, lo stomaco si trovò di fronte la macchinetta, troneggiante su una fiamma di calore, che gli disse: ­<< Sei tu a fare tutta questa confusione? >>.
Le rispose lo stomaco innervosito: << Sì! Perchè, ti disturbo? Non dovresti parlare così presto... >>.
Gli obiettò sicura la macchinetta: << Io parlo quando mi pare! Con la corona sulla testa, l'elegante vestito argentato e la mano appuntata sul fianco per la postura impettita, sono la regina dei fornelli! >>.
Lo stomaco rise a quelle parole: << Ah ah, questa è bella! Una macchinetta da caffé che si crede una regina! >>.
Ribattè baldanzosa l'altra: << Certo! Sono la prima a rimettere in moto un corpo spossato come il tuo! Sono l'artefice di una bevanda apprezzata sempre e... >>
<< Mi sembrano eccessivi gli elogi che elargisci a te stessa! Considera che non fa bene bere caffé a grandi dosi. >> intervenne lo stomaco vuoto.
Continuò la macchinetta: << In qualità di regina, sono a capo di una dinastia che governa stomaci sia forti che deboli... >>.
<< Ti riferisci a me? >> si sentì chiamato in causa l'organo. << La debolezza che mi affligge non dipende tutta da me, ma è anche connaturata alla persona che mi sostiene. E' vero che io ho ritmi lenti di digestione, che inorridisco davanti a portate abbondanti, che vengo subito contagiato da qualsiasi virus e che mi chiudo come un riccio per ogni minimo attacco dall'esterno, ma pure l'uomo che mi alimenta ha le sue colpe...>>
<< Sarebbe a dire? >> chiese incuriosita la “signora”.
<< L'adulto bipede che tutte le mattine ti usa per preparare il caffè è grande e grosso, ma spesso si perde in un bicchier d'acqua per sciocchezze e va in tilt. >>
<< Come le macchine, quando vanno in panne a causa di un minuscolo cavo difettoso? >>
<< Esatto! Solo che nel mio caso non c'è il meccanico ad aggiustare o a cambiare un pezzo e via... >> confidò lo stomaco << Così le mie amarezze, che già di per sé sono note dolenti e bile nera, diventano un pugno, un peso piombo! >>.
<< Allora ascolta la mia musica, che ti rimetterà in sesto, che ti darà il buongiorno! Fsc... fsc... fscfsc...fscfscfsc...!>> iniziò pian piano a passare il caffè.
<< Come vedi, prima non dovevi criticarmi perchè facevo confusione!>> sostenne prontamente lo stomaco.
<< Ma la mia, tesoruccio strapazzato, non è confusione, bensì una piacevole musica! E' simile al fischio di un treno su cui viaggiare, è una melodia che accompagna il risveglio, è una tromba squillante che infonde energia per affrontare il lavoro!>> vantò orgogliosa la macchinetta in ebollizione.
<< …........ >>
<< Non sei d'accordo, stomacuccio?>>
<< Fino a stamani ero di tutt'altro avviso: ti reputavo una domestica compagna antipatica, alla pari di me, perchè ti sentivo ripetere questa mia voce cavernosa, gutturale, ombrosa. Ascoltando però i tuoi discorsi, devo ricredermi.
E ti dirò di più: ti ho rivalutata perchè sei ottimista e mi sproni ad abbandonare una volta per tutte le ansie, le ansiette e le loro cugine paure, che si scagliano impetuose contro di me inerte, provocandomi agitazione, nausea e brividi, giorno e notte. Adesso vedo sotto un'altra luce le lunghe ed affilate frecce laceranti, poiché ridimensiono i fattori di stress. >>
<< Non intendevo farti vomitare in questo modo!>> si scusò la “regina dei fornelli”.
<< Vomitare? Tu sapessi cosa significa davvero vomitare, a confronto con questo mio sfogo salutare...! Mi ha fatto bene, invece, confidarmi un po' con te, raccontandoti una parte della mia storia e rendendoti partecipe delle mie sofferenze. >>
<< Mi fa piacere, amico! Permetti un ballo al ritmo del mio canto? >>
<< Volentieri! Cosa festeggiamo? L'inizio di una nuova giornata, di una serie di giornate o di una nuova e vera amicizia? >>
<< Mi fai troppe domande alle quali non saprei risponderti, almeno ora. Balliamo e poi si vedrà, il resto verrà da sé! >>
<< Ben detto, mia regina! >>
<< Godi del sorseggiare lentamente il mio aromatico caffè, caldo e dal sapore intenso...! >>
<< Ahh, che liberazione! Vedo volar via dalla mia testa i fantasmi della notte! >>.

venerdì 5 febbraio 2010

AVATAR

L'ultimo film di James Cameron, che da settimane registra il tutto esaurito nelle sale cinematografiche italiane, è proprio un capolavoro!
Per apprezzare appieno la bellezza degli spazi e dei personaggi creati con effetti speciali, per seguire la dinamicità delle scene girate con maestria da molteplici angolazioni e per lasciarsi trasportare dalla catena di emozioni, è opportuno vedere la proiezione in 3D.
Siamo nell'anno 2154, sul pianeta Pandora, distante anni luce dalla Terra, dove scienziati, militari ed economisti terrestri sono scesi per fare esperimenti e per arricchirsi con un prezioso minerale. Agli occhi dello spettatore e del protagonista, che è un giovane Marine collegato neurologicamente al corpo di un Na'vi grazie al programma Avatar, il nuovo mondo appare sempre più affascinante ed accogliente. Qui trionfano terre incontaminate, con virtuose specie vegetali, animali e minerali mai viste prima dagli umani, in grado di trasmettere sensazioni toccanti, energia vitale e spirito armonico. Dalle profondità di acque trasparenti si sale verso gli sconfinati labirinti delle verdi e fertili foreste, che ospitano esseri magici insieme a piante e fiori dai colori luccicanti, per poi planare in volo dalle fluttuanti e possenti montagne, verso un aperto orizzonte. Il tutto è un incanto favoloso di forme, colori e suoni, in nome e nel rispetto dell'equilibrio naturale!
Sotto l'albero più grande di Pandora, alto un centinaio di metri, abita il popolo dei Na'vi, unito da uno stretto legame di fratellanza e radicato con affetto alla sua terra, tanto da curarla e da ascoltarne gli insegnamenti.
Di fronte ai comportamenti avidi, egoistici, onnipotenti, violenti e distruttivi degli uomini, definiti “bambini”, “scemi”, “alieni”, “demoni” e “reietti” dai Na'vi, questi ultimi rispondono con la dolcezza e l'armonia del benessere, con la saggezza della riflessione, con una lingua molto musicale e vocalica, con i rituali ed i canti collettivi, con la libertà di sane ed incondizionate azioni, e con la sinuosità dei movimenti. Caratteristiche che porteranno gradualmente il protagonista ad essere attratto, nel fisico e nello spirito, verso Pandora, a professare la sua fede per essere “uno del popolo”, ad innamorarsi della donna scelta (colei che lo ha guidato e istruito) e ad unirsi a lei in maniera sacra, a cavalcare il temuto uccello rosso-fuoco come pochi hanno osato, a combattere valorosamente contro gli ex compagni di guerra, in difesa delle risorse naturali e dei suoi abitanti, fino a compiere una totale metamorfosi. Quest'uomo ha deciso di abbandonare il proprio corpo, di lasciare il proprio pianeta d'origine e gli umani, di non vedere mai più luoghi squallidi e artificiali come stanze e marciapiedi, che imbrigliano il corpo in percorsi obbligati e privano del contatto con la natura, rinunciando a miseri “lussi” come i cibi light e i jeans, per convertirsi ad una forma di amore completa che porta verso una nuova vita.
“Ti vedo”, nel senso di “ti vedo dentro”, è il saluto che si scambiano i Na'vi ed è significativo, perchè denota nei confronti dell' “altro” un approccio profondo, capace di superare le apparenze e di comprendere l'identità di qualsiasi essere, per poi accoglierlo e considerarlo un fratello. La maggior parte di noi umani deve ancora imparare ed attuare simili concetti, quindi la visione di questo film è consigliata!

giovedì 21 gennaio 2010

PIU' CALCIATORI, MENO INTELLETTUALI

Il rapporto tra il numero di calciatori ed il numero di intellettuali nel nostro Paese è ormai da parecchio tempo inversamente proporzionale, nel senso che aumentano i primi e diminuiscono i secondi.
E' evidente come la popolarità del calcio sia in continua crescita: moltissime persone giocano a calcio, a livello agonistico o amatoriale, in milioni vanno regolarmente allo stadio per seguire la squadra del cuore ed altrettanti guardano le partite in TV. Se domandiamo ad alunni di una scuola dell'obbligo in quanti praticano calcio, una netta maggioranza risponderà in modo affermativo; se sfogliamo un quotidiano qualsiasi, gli articoli e le pagine dedicate allo sport nazionale per eccellenza renderanno insignificanti gli altri sport; se attraversiamo anche una piccola località di campagna, avvisteremo un campo da calcio di tutto rispetto, con le sue delimitazioni, le sue reti e lo spazio per la tribuna. Pullulano inoltre, con una ricorrenza pressochè giornaliera e su più canali insieme, le trasmissioni televisive centrate unicamente su questa attività sportiva, dove calciatori, telecronisti, opinionisti e passanti commentano le partite, i giocatori e le classifiche scrupolosamente aggiornate. A tal proposito, mi ha colpito di recente il discorso del sindaco di Firenze che, in occasione di un convegno pubblico, ha sostenuto che tifare per la squadra viola, la Fiorentina, è la cosa più bella che possa capitare ad un ragazzo............
In nome del caro dio Calcio si intavolano maestosi dibattiti che si prolungano per ore ed ore, con accuse e difese, come davanti ad un tribunale, per inveire contro i tifosi avversari e per sostenere le prodezze della propria squadra – da veri fans incalliti – .
Di calcio si vive, quindi, come argomento d'interesse pubblico generale, del quale si parla con pertinenza, conoscenza dettagliata e proprietà di linguaggio, sicuri di ricordarsi alla perfezione la combinazione delle schedine giocate, le tecniche e le pseudo-tecniche calcistiche vittoriose, le posizioni delle squadre in classifica, i goals segnati e quelli che potevano essere segnati, i falli di gioco visti e non visti in ogni match, il nome di tutti i giocatori, di tutti gli allenatori e di tutti gli arbitri (esistenti sulla faccia della terra!). Con il calcio si vive: per il traboccante investimento di soldi in scommesse, giocatori, allenatori e presidenti di squadra; per gli stipendi da capogiro che percepiscono i calciatori; per i generosi finanziamenti da parte di azionisti, industriali, sponsor e abbonati.
Un'ultima news sul mondo calcistico informa che, a breve, i campi da calcio saranno ancora più verdi perchè, per la buona tenuta dei terreni di gioco, partirà un corso di formazione, permanente e specifica, per avere un maggior numero di professionisti specializzati in progettazione e cura dei manti erbosi, in tutti gli stadi italiani.
Rispetto all'hollywoodiano panorama calcistico, che si delinea in maniera rapida e progressiva, almeno in casa italiana, riconosco di aver mantenuto una visione tradizionalistica e forse per tanti obsoleta, ossia di reputare semplicemente questo sport un gioco in cui due squadre corrono su un prato, inseguendo un pallone, per fare gol, e di avvertire uno spirito nazionalistico soltanto in occasione della competizione dei Mondiali. Mi innervosisce sapere quanto è vasta la risonanza del calcio, quanto viene sbandierato l'ottuso atteggiamento adottato dalla massa e quanto sono sopravvalutati, sia il ruolo sociale, sia la retribuzione economica di un giocatore professionista.
Allo stesso modo, mi innervosisce constatare quanto poco si investa in cultura, quanto spesso si chiudano a chiave le porte per un futuro di conoscenza e di coscienza, quanto vada a scomparire, lentamente ma inesorabilmente, la classe degli intellettuali. Si profila davanti ai nostri occhi uno scenario di discariche al posto delle scuole, di ignoranza al posto della saggezza, di accecanti trasmissioni televisive al posto dei cari e vecchi libri, di economisti in doppiopetto scuro al posto degli insegnanti coi maglioni di lana.
Ad oggi, nell'ambito del sapere, regna sovrana la precarietà: una scuola su due in Italia non è costruita secondo le norme di sicurezza, una fila interminabile di docenti aspetta da decenni di essere nominata in ruolo, l'avvenire di bravi studenti e ricercatori è compromesso, e molti incarichi basati sulla divulgazione di sana cultura sono a tempo determinato. Si respira quindi un clima di grave crisi culturale, perchè vengono svalutati i ruoli educativi, perchè troppe volte non si organizzano con serietà e criticità le attività formative, perchè non si investe quasi più in capitale umano, in cervelli ed in ragazzi che devono crescere per capire come dovrebbe funzionare il mondo.
I nuovi “intellettuali” che occupano le prime pagine delle riviste più in voga e quelli che sono sotto i riflettori di ampi studi televisivi, non sono certo maestri di cultura, trasmettitori di validi insegnamenti, scrittori, artisti o musicisti virtuosi e creativi, ma quasi sempre “facce da copertina” che improvvisano una parte, che si calano in ruoli di attori provetti ed in opinionisti a corto di idee. Sono le soubrettes della domenica che si fingono presentatrici di eccelsi pensieri, sono le anime vagabonde dello spettacolo che intendono riportare sulla retta via i peccatori, sono gli artificiali fisici scultorei che intendono impartire lezioni di teoria, è la gente comune che si inventa tante storie per il piacere di narrare, di interrogare e di avere un briciolo di notorietà.
E noi siamo arrivati ad assimilare in maniera meccanica e dipendente false dottrine, discorsi vuoti, ragionamenti illogici, direttive casuali e repertori sconfinati di mediocri personaggi del varietà, convinti di essere degli eruditi. Imperterriti, continuiamo a dare credibilità alle magnifiche corporazioni universitarie, combattendo duramente contro proibitivi costi d'iscrizione a corsi di specializzazione, contro cavilli burocratici e contro un dilagante lassismo del senato accademico, pur di ottenere un titolo, una certificazione, una gratificazione personale, un giudizio oppure un punteggio. Andando poi a perlustrare spazi culturali pubblici, privati o misti, si deduce che le differenze tra loro sono minime, in quanto dominano uniformemente strutture rigide, ataviche, strumentalizzate e chiuse verso interventi esterni innovativi ed eterogenei.
L'ultima angosciante notizia (pubblicata stamani, 21 gennaio 2010) sul deterioramento dell'educazione collettiva italiana, riguarda il nuovo provvedimento voluto dalla maggioranza politica che prevede un passo indietro nell'obbligo di istruzione, poiché gli alunni potranno abbandonare gli studi, per andare a lavorare, già dall'età di quindici anni, vedendosi tolto il diritto ad un anno di scuola in più previsto finora.
Dove sono finiti gli intellettuali di una volta: i Calvino, i Moravia, i Pirandello, i Verga, i Manzoni, per citare soltanto autorevoli penne della letteratura italiana contemporanea? A quale indirizzo possiamo trovare un'energica classe intellettuale disposta a lottare per i propri ideali, pronta a scendere in piazza per protestare contro i regimi autoritari, compatta nel difendere la propria dignità personale e professionale, decisa ad attuare nuove riforme sociali? Tornerà, a distanza di tanti secoli, il vento fresco e rigenerante delle preziose età dell'oro, della saggezza allo stato puro, dei sommi poeti che, dall'alto della loro cultura, illuminavano le menti degli inetti?
Me lo auguro, anche se, la situazione attuale vede la convivenza di un'entità corrosiva come il “morbo del calcio” all'interno di uno scrigno regale come l'intellettualismo, che tende a fondersi in un non-sapere, cedendo in prestito un forbito patrimonio linguistico.

martedì 5 gennaio 2010

IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO

Innanzitutto vorrei fare una premessa forse banale e scontata, ma che può rivelarsi utile a quella parte di cittadini un po' distratta e frastornata dalle attuali vicende politiche italiane: il Presidente della Repubblica Italiana è, ad oggi, Giorgio Napolitano, mentre quello del Consiglio rimane, ancora ad oggi, Silvio Berlusconi.

La sera del 31 Dicembre 2009, come di consueto per ogni fine d'anno, il Capo dello Stato ha rivolto il suo messaggio augurale agli Italiani, in diretta sulle tre reti televisive pubbliche.
Napolitano ha tracciato un breve riepilogo dei fatti politici, sociali ed economici avvenuti in Italia nell'anno trascorso, usando un metodo a mio avviso distaccato, caotico e diplomatico. Sono stati elencati, quasi in maniera schematica, i principali eventi di portata nazionale, insieme alle disastrose e ripetute calamità naturali, uniti infine alla spietata crisi finanziaria, senza procedere con distinzione e rispetto verso le diverse questioni, e farcendo a profusione i discorsi con le scontate parole d'auspicio: “coraggio”, “ottimismo”, “dialogo”, “pace” e “amore”.
Nello specifico, mantenendo la sua solita sobrietà di stile ed invitando tutti alla convivenza civile, il Presidente ha annunciato che la Costituzione è tranquillamente modificabile e che la sua seconda parte può essere riformata, se risponde ad un interesse generale. Non credo, però, che la volontà di cambiare la Costituzione derivi da una richiesta collettiva, come pure non riesco ad immaginare un'educazione civica che esuli dal rispetto degli attuali principi costituzionali.
Sono stati poi rammentati con così poca attenzione e compassione i terremotati dell'Aquila e di Messina, insieme ai loro cari morti, e sono state lasciate nel dimenticatoio le vittime della strage ferroviaria di Viareggio, che non ha ancora alcun indagato.
Giorgio Napolitano ha inoltre ribadito un tema affrontato nel messaggio di fine 2008, cioè l'immigrazione, da salvaguardare come bene d'aiuto alla comunità, ed ha evidenziato come i giovani precari e la questione meridionale siano due laceranti piaghe sociali, dimostrando di volersi impegnare per emarginarle, ma senza spiegare come, con quali mezzi e risorse – se esistono – intervenire. A tal proposito, citando nobili esempi di impegno politico (come il Presidente degli Stati Uniti d'America) che dovrebbero stimolare l'Italia a crescere, Napolitano ha nuovamente evitato di indicare quali sono i precisi insegnamenti da seguire.
Portando avanti con pacata diplomazia il suo ruolo di conciliatore e di mediatore politico, il Capo dello Stato ha ampliato il suo annuncio, ricordando due recenti fatti di cronaca che hanno avuto come protagonisti e vittime di aggressioni due simboli del potere: Berlusconi e il papa Benedetto XVI. Il berlusconismo e la Chiesa, non potevano infatti non essere nominati in una sede ufficiale come questa e non essere considerati due poteri forti dello stivale, oltre alle banche, alla Confindustria ed alle associazioni mafiose, che operano in modo occulto, ma laborioso...... .

sabato 2 gennaio 2010

BUON ANNO!

Quando siamo immersi in tutte le festività natalizie, veniamo bombardati da messaggi beneauguranti.
I cellulari e i bigliettini di ogni formato e fantasia riportano scritte che vantano il primato dell’originalità e del “vattelappesca dov’è andato a trovare ‘sta frase”.
Alcuni auguri somigliano alle remote (ma ancora ripescate, perché si crede nel loro effetto) “catene di S. Antonio” (pace all’anima sua!), del tipo: stelline, streghette e fatine annunciano a tutti le belle cosine; luna d’argento e fuochi colorati trasportano col vento baci appassionati; scopa scopetta la sfiga ora non ti becca, rospo rospino questo anno sarà divino, se la sfiga vuoi evitare a tre befane lo devi inviare… E come tutte le “tiritere” che si rispettino, anche queste nenie devono essere spedite ad oltranza, finché l’ultimo sfortunato del giro si trova costretto a rimandarle al geniale mittente.
Chi invece ha deciso di non seguire il branco di pecore per evitare di cadere nella banalità e nella totale monotonia, si trova a dedicare come minimo un pomeriggio intero per occupare con l’inchiostro le distese innevate dei cartoncini. <> - pensa tra sé e sé - <>. <>.
Quanti pensieri ed immagini fasciano la mente di chi si accinge a buttar giù due righe augurali! Il cervello dei molti improvvisati scrittori si elettrizza di cariche extrasensoriali di origine misteriosa, ricevendo influssi magici dal clima surreale che si respira. Si formano così frasi contorte, a rima forzata e dal significato che richiama la forma di un punto interrogativo…..
Ma il principale punto dolente è dato dalla minima o dalla camuffata potenza emozionale che viene trasmessa a chi legge il messaggio. Poche sono le sensazioni che passano, pochi i sentimenti d’affetto e d’amicizia che legano, pochi i ringraziamenti e i progetti di vita futura, poche le morali che insegnano a camminare…….
Tra sms “arzigogolati” e modaioli, e frasi già pronte ma riempite di sentimento, optiamo per queste ultime!
Se poi vogliamo distinguerci dalla massa in maniera però consapevole, pensiamo a quello che è meglio per il destinatario, a ciò che gli auguriamo di vivere ed al codice più adatto a lui per comprenderlo.

A tutti: <>.