mercoledì 9 gennaio 2013

IL MASSAGGIO (MA SAGGIO) Racconto per bambini

C'era una volta, in un tempo lontano, un fatato mondo sospeso nell'aria che era abitato da elfi dei monti, gnomi del sottosuolo, ninfe dei boschi, pargoli delle valli e cavalli alati. Le casette dei piccoli e morbidi villaggi erano dipinte di tenui colori, in armonia con i prati sempre fioriti a primavera, con le stradine snodate disegnate col gesso e con le nuvole d'ovatta affacciate di lato al sole a far capolino. Per le rondini ed i gabbiani che volavano da quelle parti, era un piacere soffermarsi in quel mondo delicato e costruirsi il nido su uno di quei magnifici alberi frondosi, dal tronco robusto e dai rami pronti ad accoglierti in calorosi abbracci. La vita, in quel borgo tra i cieli, scorreva lieta e tranquilla, scandita dalle avventurose esplorazioni degli elfi sulle cime innevate, dai creativi lavori d'artigianato dei laboriosi gnomi, dai canti intonati delle ridenti ninfe vestite di fiori, dai giochi divertenti dei bambini in corsa sull'erba e dai voli pindarici tracciati dai cavalli alati, che regalavano panorami spettacolari. Un giorno, appena la luna lasciò il posto al fratello sole per governare l'orizzonte, tutti gli abitanti dei villaggi si ritrovarono sulla piazza principale, che somigliava alle agorà greche, per ragionare sui loro progetti futuri. La famiglia degli gnomi si propose di preparare dei salubri decotti con le erbe raccolte d'estate, il gruppo degli elfi stabilì di documentare con racconti e disegni le proprie scalate eroiche, il branco di cavalli alati decise di ampliare i propri viaggi astrali, le ninfe intendevano omaggiare la nuova stagione con balletti classici ed i bambinelli volevano sperimentare la novità di lavarsi all'aperto anche d'inverno. Su quest'ultima proposta, alcuni dei presenti lasciarono intuire che sarebbe bastato uscire dalle abitazioni mentre pioveva. I bambini, però, avevano pensato a qualcosa di più: ad un grande parco acquatico che collegasse, con scivoli, ponticelli e fontane, le cascate d'acqua ai laghetti disseminati per il mondo sospeso. Il tutto riempito da acqua calda, non piovana. La determinazione e la simpatia dei pargoli coinvolse tutti, animati di entusiasmo e collaborazione, ad attivarsi per realizzare quel proposito. Come nelle più belle fiabe che si rispettino, ognuno riuscì a fornire il proprio contributo per quell'impresa, a seconda delle proprie specifiche capacità: chi progettava le vasche, chi portava i mattoni, chi predisponeva gli scoli dell'acqua, chi si dava il cambio nei lavori manuali, chi lavorava d'intelletto per equilibrare il sistema, che pensava al riciclo natuale della pioggia e chi realizzava giochi con le bolle di sapone. Non erano stati stabiliti turni particolari, né orari e regolamenti vari, ma quella rete produttiva funzionava a meraviglia, tanto che in poco tempo il parco prese forma, senza invadere il resto del mondo. Per festeggiare l'evento e ringraziare tutti per l'impegno, venne inaugurato il parco acquatico con un tuffo collettivo ed un inno alla gioia, mentre le piante della rigogliosa vegetazione circostante agitavano al vento le loro chiome, come fossero bandiere di buon augurio. Schizzi d'acqua, battiti di piedi e di mani, nuotate, capovolte e rapide immersioni furono i protagonisti di quella festa, che assunse un ritmo più vivace quando alcuni bambini, dalla frenesia di esternare la felicità col moto dei loro corpi, cominciarono ad azionare un meccanismo che faceva muovere l'acqua. Per tutti, quella fu un'inaspettata e gradita sorpresa, che si rivelò una preziosa fonte di benessere, un massaggio rigenerante di mente e spirito, una terapia d'urto contro i cattivi pensieri che transitavano a distanza nel cielo sotto forma di nuvole nere. L'idromassaggio, ideato da un anziano dei villaggi che volle custodire nel segreto la propria invenzione, tramandando alle generazioni future il mistero di un “anonimo”, consacrò a regno delle terme quel fatato mondo sospeso nell'aria. Ancora oggi, quando piove, i bambini escono da casa, alzano gli occhi al cielo e giocano con le gocce di pioggia che massaggiano le loro teste, sorridendo al ricordo della storia sul massaggio ed all'origine del suo nome: “ma saggio”, perché ogni massaggio è saggio per l'azione di benessere che regala e perché è frutto dell'idea di un vecchio saggio.

sabato 5 gennaio 2013

GLI OCCHIALI (GLI OCCHI ALI) Racconto per bambini

C'era una volta, in un paesino di campagna, una bambina chiamata Melania che frequentava il primo anno di scuola elementare. Il grembiule bianco con il fiocco rosa mettevano in risalto il suo viso rotondo sul quale si aprivano un sorriso contagioso e due occhietti vivaci, incorniciati da dei capelli neri che le cadevano a caschetto sulle guanciotte paffute. Per Melania era un piacere andare a scuola: si svegliava ogni mattina pronta e scattante senza bisogno dei richiami della mamma o del suono della sveglia, consumava soddisfatta la sua tazza di latte e biscotti, si lavava e si vestiva velocemente, per poi raggiungere a piedi l'edificio a mattoncini che era la sua nuova scuola. Durante il breve viaggio di andata, come pure in quello di ritorno, Melania era accompagnata dalla brezza del venticello, dal cinguettio di graziosi uccellini, dal profumo della terra e dallo zainetto colorato che portava a spalle, mentre l'erba dei campi ed i fiori dai petali delicati la salutavano. Una mattina, nell'ora di Italiano, Melania si accorse di non riuscire a leggere troppo bene le lettere che la maestra aveva scritto sulla lavagna. Le venne così da socchiudere gli occhi, storcere la bocca ed allungare il collo verso quei segni opachi, che decifrava sempre più come alfabeto arabo offuscato da banchi di nebbia. Avvertita la difficoltà, anche se con un po' di vergogna dovuta alla sua timidezza, l'alunna alzò la mano e disse: Maestra, da qua non vedo tanto. – Hai fatto bene a dirmelo, Melania. Dovrai sederti, allora, ad un banco in prima fila. Qualcun altro ha problemi? – chiese la maestra al resto della classe. Dopo cenni di negazione con la testa da parte degli altri bambini, Melania prese posto in un banco proprio davanti alla lavagna, facendo a cambio con un compagno e ritornando così a leggere più chiaramente quelle parole che, ora, erano tornate a far parte dell'alfabeto della lingua italiana. Tornata a casa, la scolaretta raccontò alla mamma ed al babbo come aveva trascorso la mattinata a scuola, soffermandosi sul cambio di posto che aveva giovato alla sua vista, avendola resa meno affaticata e meno lenta nella lettura e nella scrittura. I genitori, compresa la necessità di una visita oculistica per la figlia, a conferma di altre simili situazioni, fissarono un appuntamento con un oculista, che segnalò una miopia in Melania e le prescrisse l'uso degli occhiali. Superata la prova delle lenti, ottenuta la loro montatura e provato per la prima volta il sostegno visivo sul viso, Melania restò per un po' immobile come una statuina di gesso, per rendersi conto che quella bambina che vedeva allo specchio era sempre lei, la stessa di quando non aveva gli occhiali. Doveva capire, a sei anni d'età, che gli occhiali le avrebbero fatto bene alla vista, le avrebbero curato gli occhi, anche se le trasmettevano un'immagine nella quale non si riconosceva, al momento, perché aveva come l'impressione di trovarsi di fronte a un'altra bimba, con due cerchietti verdi intorno a grandi occhi. Quegli occhiali da vista le cambiavano l'espressione del volto e, portandoli giorno dopo giorno, Melania si accorse che le erano proprio d'aiuto: la riparavano dal forte vento, la proteggevano dai raggi del sole, difendevano la sua fanciullezza dagli attacchi degli adulti e le permettevano di vedere meglio il mondo che la circondava, per come era veramente. Riusciva quindi a distinguere con sicurezza le sfumature sulle ali degli uccellini, notava le coccinelle rosse ed altri insetti che si posavano sui fili d'erba, come pure le sorprendenti varietà di fiori, alle quali se ne sarebbero aggiunte molte altre nel famoso quadro di Botticelli intitolato “La primavera”, che avrebbe ammirato da ragazzina. Grazie agli occhiali, Melania faceva funzionare completamente i suoi occhi, come se avesse tolto lo sporco dai vetri di una finestra affacciata sul mondo, sulla vita, proiettata verso il suo futuro. Ora, non solo vedeva bene dovunque: a scuola, per strada, in giardino, in casa, in piscina, al mare, in collina ed in montagna; aveva anche potenziato la capacità di conoscere meglio tutte le cose. Ecco perché gli occhiali (occhi ali) si chiamano così: perché mettono agli occhi le ali, quelle che danno la libertà di volare lontano dalle miopie dell'ignoranza e della cattiveria, che invece spingono la terra sempre più in basso.