mercoledì 15 febbraio 2012

SI RIAPRE UN SECOLO

Non sono bastati i festeggiamenti per il Giubileo dell'anno 2000, non è stato sufficiente l'attentato alle Twin Towers di New York dell' 11 settembre 2001, non sono servite le pesanti crisi finanziarie del mercato globale e neanche le rovinose catastrofi ambientali in Italia e nel resto del mondo per inaugurare il XXI secolo.
Le recenti notizie trasmesse da giornali, TV e reti internazionali riconducono le nostre menti indietro nel tempo. Assistere oggi alle macchinose trattative tra i principali Paesi dell'Unione Europea per uscire dai debiti pubblici, giocando le carte delle tasse e dell'aumento dei prezzi che gravano sulle spese nazionali, piuttosto che investire in ricerca e riforme, richiama ad uno scenario di povertà passata. E' realtà quotidiana la difficoltà delle famiglie italiane nel comprarsi una casa, nel pagare un mutuo, nel disporre di capitale per investimenti o acquisti, e nel riuscire a trovare un lavoro, soprattutto per i giovani dai quindici ai ventiquattro anni. Le proteste partite dalle aule scolastiche, estese alle vie principali delle città, sfociate in manifestazioni di massa e scioperi di categorie professionali pubbliche e private contro l'attuale governo e contro quelli precedenti, sono sintomatici di un generale malessere sociale, come quello che dalla fine dell'Ottocento costrinse trentamila connazionali ad emigrare all'estero in cerca di fortuna. Constatare poi come, dopo le recenti nevicate, seppur abbondanti ed eccezionali su tutto il territorio nazionale, l'Italia sia stata messa così KO, con interi paesi isolati e nascosti dal black out energetico per diversi giorni, fa pensare al Bel Paese arretrato e da ricostruire dopo i disastri bellici.
Inquadrare con uno zoom le dinamiche interne al fallimento di Stati come la Grecia, scesa in piazza a protestare contro il governo d'Atene ed a rivendicare principi democratici di libertà, autonomia e diritto al lavoro, fa riflettere su quanto ancora instabili e deboli siano le strutture politiche nazionali in questo nuovo secolo. Sempre nel 2012 si considera la Germania la nazione più potente e prepotente d'Europa come durante il lungo Novecento, quando le filosofie aggressive ed espansionistiche di Guglielmo II e di Hitler avevano contribuito molto a fomentare lo scoppio delle due guerre mondiali. Oggi alla potenza tedesca si chiedono, con toni dimessi ed umili, prestiti economici, aiuti sociali e sostegni umani, in sostanza, per tornare a sperare; si rivede nella confederazione germanica, però, anche lo spettro della guerra, la sofferenza e l'ingiustizia delle vittime dei lager, la barbarie da ricordare per non dimenticare. Ecco allora che ci si schiera ancora una volta contro il totalitarismo nazista, ecco allora che non si accettano più pazientamente gli ultimatum della Banca Centrale Europea di Francoforte e non si crede più nel senso di un Fondo Salva-Stati, giungendo a bruciare la bandiera tedesca, come ripreso domenica scorsa davanti al Parlamento greco.
Tornano quindi in superficie le ottocentesche spinte nazionalistiche, gli interessi individualistici dei singoli Paesi, le manìe eroiche del colonialismo di metà Ottocento e dell'imperialismo del secolo scorso, nell'intento di sottomettere gli altri Stati, i nemici, all'imperativo di conquista di una super-nazione. Il XX secolo non è ancora finito.

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