martedì 6 ottobre 2009

RACCONTI DEL MISTERO N. 1 e N. 2

1.


Jessica Pemberton, quella notte, si alzò dal suo letto singolo per andare in bagno.
Non si era subito resa conto di essere sveglia, perchè credeva ancora di trascinare dietro al peso del suo corpo anche quello degli ultimi spiriti del sonno. Nel tragitto che separava la sua camera dal bagno, molleggiava agli stanchi passi la slavata vestaglia da notte indossata sgraziatamente. Intanto, un silenzio assordante le rimbombava intorno!
Con gli occhi mezzi chiusi, Jessica raggiunse la tazza del W.C., dentro alla quale fece scorrere violentemente un getto di urina. Liberatasi dalle sostanze tossiche che gravavano sulla sua pancia, la ragazza si girò verso il muro per premere il pulsante dell’acqua. Ci provò più volte, ma la pressione delle sue delicate dita non riuscì ad azionare lo scarico.
Spazientita e distrutta dalla stanchezza, decise di tornarsene a dormire.
Mosso appena il piede sinistro, dalla parete opposta della stanza, vide levarsi dal centro del bidet un braccio metallico semirigido, che sembrava una risposta, a scoppio ritardato, alle sue spinte sul pulsante. L’estraneo corpo accigliato si allungava ad ogni battito del cuore di Jessica, tirando fuori dei sudici artigli puzzolenti e spalancando una bocca voraginosa.
La giovane viveva degli attimi di terrore, di incredulità, di sgomento e di nebulosità, tra il sogno e la realtà ……
Riprovò ancora a premere sul pulsante del W.C., ottenendo lo stesso risultato: si ingrandiva l’oggetto mostruoso che, nella sua progressiva deformazione, vomitava dalle articolazioni pus, calcare, grasso, polvere, feci, vermi, sangue, residui oleosi e schiumosi.
A quel punto, la povera innocente si sentì la protagonista dell’orribile scena, l’eroina che avrebbe vinto contro “il cattivo”, portando a lieto fine lo spettacolo.
Il dubbio di essere vittima di un incubo, balenatole prima nella mente, scomparve, lasciando spazio alla percezione effettiva di ciò che vedeva, di ciò che odorava, di ciò che udiva. Iniziò così una battaglia combattuta col coraggio, con la determinazione e con una rinnovata ed improvvisa forza fisica. Una battaglia già vinta in partenza, perché quel che ora rimaneva di uno scherzo della natura era un misero tubo arrugginito, il residuo di un virus composto da un’alta carica batterica, che aveva contagiato il corpo di Jessica e che adesso lei vedeva sgretolarsi.
Jessica si trovava davanti allo scheletro della sua sconfitta malattia paralizzante!

2.


La piccola Doroty non voleva che venisse mai notte, perché il buio la faceva piangere.
Ogni volta, infatti, che doveva andare a dormire, si rattristava al solo pensiero di dover abbandonare i giochi all’aria aperta. Si sentiva allora stretta nella sua cameretta, persa tra le oscure tenebre ed assalita da radicate paure che le trattenevano le lenzuola. Le cominciavano a battere i denti, la pelle le si raffreddava e gli oggetti che le stavano intorno venivano di colpo cancellati, con un clic di lampada.
Fu così che Doroty decise di attuare in piano per superare i suoi timori: tenere alzata la serranda della finestra di camera per ricevere un po’ di luce anche dalla luna. In quel modo poteva continuare a sentirsi parte della natura, a fantasticare su quanto è grande l’universo ed a percepire la protezione delle gialle stelle. E quando si infilava nel lettino, inventava storie di magia e d’avventura, addormentandosi pian piano e facendo sogni d’oro.
Ma una notte Doroty assistette alla brusca interruzione della sua serenità: sua madre, sentendola canticchiare e notando una strana luce nel corridoio, piombò nel suo angolo di paradiso. Come una furia le ordinò di dormire, le abbassò violentemente le coperte che la nascondevano e di colpo srotolò la serranda della finestra.
La bambina, da adulta, avrebbe ricordato quella scenata come l’inizio di ingiuste, insensate ed inaudite punizioni a suo danno.
Una malinconia subito la invase, il corpicino le cominciò a tremare ed un senso di nausea le si sprigionò dallo stomaco. Non si era mai ritrovata prima in uno stato del genere: era come se le avessero lanciato una bomba nella testa fino a ridurla in cenere.
Quella notte Doroty dormì male, per l’agitazione e per i frequenti risvegli allarmanti nel sonno. Da lì in poi, le notti da incubo si ripeterono in maniera costante e, in una di queste, gli occhi della piccola rifletterono un’immagine straziante. Sull’avvolgibile abbassato della finestra si erano posati due corpi languidi e senza vita di due donne coperte da lunghe vesti bianche! Sembravano due grandi farfalle umanizzate spiaccicate dall’ossessione, come pure due fantasmi esibizionisti.
La bambina riconobbe in quelle figure due malvagie presenze femminili che, da ancelle di angeli demoniaci, erano venute ad annientare la sua felicità.
Rimediò così ad un macchinato progetto di tortura, illuminando le sue notti con una piccola torcia elettrica di Topolino, posta vicino al suo cuore.

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